LA BARBONA, IL FRATE, IL MALAVITOSO

Treno regionale Milano-Verona. Partenza ore 21.15, arrivo ore 23.07. Venerdì sera. Freddino. Piuttosto umido. Prima classe, costava poco.
A Brescia la mia carrozza si svuota. Finalmente silenzio. Mi compiaccio che sia scesa quella bruttona che strillava al cellulare, a un certo punto ha urlato “Tesoro? Ciao tesoro, ti disturbo? Ah, stai mangiando... Allora ti chiamo dopo così ti racconto. Ah, domattina? Va bene tesoro, a domani”. Che razza di tesoro. Uomo sposato, come minimo. Sarei andata da lei ad aprirle gli occhi. Per fortuna è scesa.
Ma torniamo alla mia carrozza spopolata, che a Peschiera si ripopola di popoli differenti. Stranieri, pure loro sbraitanti al cellulare: un romeno, credo; un arabo, ne sono certa; un altro dell’est. Sguaiato melting pot linguistico. Ma nessuno ha nulla da leggere? Io sì, cerco di leggere “Internazionale”. È l’unico momento di pausa della settimana.
Sono assorta nella mia pagina preferita, quella delle vignette, Mr Wiggles per la precisione, che non mi accorgo di lei.
Alzo gli occhi solo quando mi sento tramortita dal suo odore. Vestiti sporchi, fumo di sigaretta, alito di alcol.
Lei sta seduta di fronte a me, grassa e infagottata in un cappotto color mattone, i capelli corti della stessa tinta perfettamente autunnale, pettinati all’indietro. La bocca aperta completamente sdentata. Gli occhi azzurri spalancati su di me, come fossi un animale raro.
Mi scruta. A me esce un sorrisetto, falso ovviamente, quel sorriso che vuol dire “lasciami tranquilla con Mr Wiggles, non ho voglia di parlare con una sconosciuta, potresti essere anche la regina d’Inghilterra che Mr Wiggles sarebbe comunque la mia priorità di questo stanco venerdì sera sul treno regionale Milano-Verona”. Ho “Internazionale” ripiegata, la pagina che dà dritta su di lei è quella dell’oroscopo di Rob Brezsny. Errore fatale.
“Lei è un capricorno” biascica puntandomi un dito addosso. Però. Ha indovinato. Ma non gliela do vinta. E’ più rapido un “no” accompagnato dal sorrisetto di prima.
“Un cancro”. No.
“Ariete”. No.
“Bilancia”. “Signora, scusi, ha intenzione di elencare tutti i segni dello zodiaco?”.
“Le leggo la mano” e fa per prendermi la sinistra. Sorrisetto mio. “No grazie. “Ha paura?”. “No, non mi interessa conoscere il futuro”.
“Ha un euro?”. Eccola. “Non ho spiccioli, signora”.
“Una sigaretta?”. No. “Non fuma?”. No. Bello mentire.
“Le do i numeri del Lotto”. “Grazie, io non gioco mai”.
“Ma questi li può giocare, sa? Io una volta ho vinto”. E balbetta sei numeri. Li dimentico all’istante, troppo confusi.
“Ho capito. Lei è un sagittario”. “Eh sì, ha indovinato. Come ha fatto?”. Prima o poi dovevo cedere. Su un segno qualsiasi.
Gli occhi mi si chiudono. Questa donna mi dà un senso di pena e curiosità ma non la reggo. Non adesso. Non qui.
“Dove scende, signora?”
“A Desenzano”.
“Abita là?”. “No, vado da amici. Non me la dà una mancia per i numeri?”.
“Tanto non li gioco. E poi mi spiace, non ho spiccioli”.
“Questa è Desenzano?”
“Eh già. È arrivata, signora”.
Nemmeno mi saluta. L’ho delusa. Le sarò parsa più disperata di lei. Si alza trascinando il suo odore in fondo al corridoio. Chissà che va a fare a Desenzano.

A Verona Porta Nuova c’è un frate che mi aspetta al binario. Veste il saio, il solito bel sorriso. Sempre autentico, il suo. È impaziente di vedermi e già alticcio. Insiste perché andiamo a farci l’ultima birra in piazza Bra. Con lui c’è quel tale, ex detenuto uscito con l’indulto, siciliano, artista delle rapine, con i capelli ingellati e gli occhi di ghiaccio. L’ultima volta l’ho visto in Sicilia, in un ristorante di Portorosa, a Furnari. Abbiamo mangiato delle meravigliose linguine alla cernia, gamberi crudi freschissimi, sorbetto al limone e fiumi di vino rosso. Al quinto bicchiere ha cominciato a raccontare di quella volta che era evaso di galera, latitante, e si era buttato sul treno per la Francia. Alla frontiera di Ventimiglia s'era infilato in un gruppo di kosovari, aveva finto di non parlare italiano, niente documenti ma nella confusione è riuscito a scomparire.
“Con me, una donna non ha mai pagato”. L’ha detto anche quel giorno a Portorosa. Meglio così, ogni tanto ci vuole un rigurgito di Medio Evo, in compagnia di un malavitoso e di un francescano, poi, il puzzle si fa ancora più assurdo. Il siciliano dagli occhi di ghiaccio paga il taxi e le birre. Poi divora una coppa di gelato al cioccolato, saluta come un uomo d’altri tempi e si dirige verso luoghi imprecisati. “Buona notte”.
La una e mezza. Avrei potuto invitare anche la donna senza denti del treno a farsi una birra media in piazza Bra.
Scivolo nel sonno, finalmente. In una celletta del convento, con bagno, scrivania, poltroncina, abat-jour e finestra sul chiostro con giardino. Un silenzio gustoso rotto alle 7.30 dai canti dei frati alla prima messa.
Impiego diversi minuti a ricordare dove mi trovo, e perché.

... consigli per i viaggi in treno, quelli di un'ora e mezza al massimo:
http://www.mrwiggleslovesyou.com/

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