LA FERITA DELLA NAMIBIA


Quaranta donne sieropositive sterilizzate a forza. Accade in Namibia, che pure non è uno dei posti più disperati d’Africa. A denunciarlo è la International Community of Women Living with HIV/Aids. A riprendere la notizia shock, il britannico The Guardian e il sito web Afrik.com.
L’ICW sta per portare in tribunale il governo della Namibia sulla base di 15 casi documentati: 15 donne convinte a firmare un macabro foglio con la spiegazione che la chiusura delle tube fosse un trattamento di routine contro il virus dell’Hiv. Il governo avrebbe incoraggiato questa pratica, grossolana barriera contro la diffusione dell’Aids.
Ma sembra che lo stratagemma di sapore nazista ed eugenetico riguardi anche altri Paesi africani: la Repubblica Democratica del Congo, lo Zambia, l’avanzato (almeno economicamente) Sud Africa. Proprio qui, dove un terzo delle donne fra i 20 e 34 anni sono affette da HIV, i medici di un ospedale avrebbero messo una ragazzina di 14 anni, incinta, di fronte a un bivio: ti facciamo abortire solo se acconsenti a diventare sterile.

“Soffrivano. È stato detto loro di firmare, non sapevano cosa fosse” ha dichiarato Jennifer Gatsi-Mallet, coordinatrice dell’ICW in Namibia. “Nessuna di loro sapeva cosa significasse la parola sterilizzazione, comprese quelle che abitavano in città. Dopo sei settimane, sono andate in un centro sanitario per chiedere la pillola anticoncezionale e hanno scoperto che non era più necessaria. Quando hanno chiesto spiegazioni all’ospedale che le aveva rese sterili, si sono sentite rispondere: “Lo abbiamo fatto perché siete sieropositive”".
Per queste donne, essere sterili è più grave, più vergognoso, più svilente che avere l’Aids. È cultura. È Africa.
Un quarto delle donne in gravidanza corre il rischio di trasmettere il virus al nascituro. Con i farmaci antiretrovirali, la probabilità può essere ridotta del 50 per cento: ma costano, e restano inaccessibili a milioni di donne. Soprattutto nell’Africa subsahariana.

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