DOVE PASSA LA LINEA DEL FRONTE


STUPRI DI GUERRA a cura di Marcello Flores
Franco Angeli, 248 pagine, 30 euro


“Nella ex Jugoslavia i bambini nati da stupro, che si stima essere tra i tremila e i cinquemila, hanno un nome preciso, figli dell’odio: spesso abbandonati in ospedale o adottati da altre famiglie, sono un ulteriore motivo di dissociazione psichica nelle madri che li portano in grembo, divise tra amare il proprio figlio e odiarne la provenienza… Al dolore dello stupro si somma infatti il peso di una vita non desiderata e generata dall’odio, come racconta Slavenca Drakulic a proposito di un’insegnante di Sarajevo, che pensa al bambino nel proprio ventre come a un tumore”.
La Bosnia come il Ruanda. La regione africana dei Grandi Laghi come la Serbia occupata dai bulgari nella Grande Guerra. La Germania sotto il giogo dell’Armata Rossa come la Colombia della guerra civile.

Semplice. “Lo stupro commesso da un soldato conquistatore distrugge tutte le residue illusioni di potere e di possesso negli uomini della parte sconfitta. Il corpo di una donna violentata diventa un campo di battaglia rituale, un terreno per la parata trionfale del vincitore. L’atto compiuto su di lei è un messaggio trasmesso da uomini ad altri uomini: una vivida prova di vittoria per gli uni e di sconfitta per gli altri”.

In Ruanda, nel 1994, la violazione delle donne è una tappa dello sterminio. Le vittime vengono uccise. Di quelle lasciate in vita, si stima che il 70 per cento abbia contratto l’Hiv.
Lo stupro di massa in guerra caratterizza soprattutto i conflitti “asimmetrici”, nei quali combattenti regolari attaccano civili. Anche lo scopo è diverso rispetto alle guerre tradizionali: non la conquista di un territorio, ma umiliare e distruggere il nemico annientandone l’autostima e la solidarietà di gruppo.
È alla fine dell’estate del 1992 che i media, per la prima volta, parlano diffusamente di “stupro di massa” a proposito degli eventi nella ex Jugoslavia. E per la prima volta la comunità internazionale si interroga sul fenomeno.
Nella Repubblica Democratica del Congo, lo stupro sembra un’autentica tattica bellica usata per dissuadere i civili dall’appoggiare combattenti nemici o contro altri gruppi. Numerose sono, ancora oggi, le donne ricoverate per interventi di chirurgia ricostruttiva ai genitali, devastati dagli stupri di miliziani ribelli e soldati governativi.

Nella foto: Goma, Repubblica Democratica del Congo, campo profughi di Buhimba. Agnès con il suo bambino nato dallo stupro.

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