NDOKI NON MUORE MAI


NDOKI Parola diffusa in Zaire e nei paesi limitrofi. Ndoki è lo stregone, un uomo o una donna che ha il potere di danneggiare gli altri con incantesimi invisibili, oppure trasformandoli in insetti. Esistono due tipi di esseri umani: i buoni e gli ndoki, i malvagi distruttori della vita, della salute e della felicità… Lo ndoki fisserà la sua vittima con disu difwa, “occhio che uccide”, finché quella non sarà più in grado di muoversi né di ragionare. Gli ndoki hanno due lingue, una visibile e un’altra invisibile capace di sottoporre a incantesimo l’interlocutore… Il maschio ndoki avrà una predilezione speciale per le adolescenti: non per stuprarle bensì per divorarle. Quando lo ndoki muore, i suoi occhi continuano a fissarti e non possono essere chiusi. Gli spiriti degli ndoki vagano per sempre e possono essere visti sotto forma di stelle cadenti.
(African Mythology di Jan Knappert, Diamond Books)

RACCONTANO CHE IL PADRE SIBILASSE LA PAROLA "NDOKI" mentre le incendiava gli occhi con polvere di peperoncino bruno. Makita non piangeva. Contraeva il minuscolo corpo e sembrava un fantoccio nei suoi due anni maledetti, sporca della sabbia nera che dal grande fiume scende a invadere i vicoli di Kimbanseke, periferia di Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo. Per tutti, qui, Makita è una bambina-strega: questo significa ndoki.
La accusano di aver ucciso la madre, di averne divorato l’anima. E di essere l’entità malvagia che attanaglia nella miseria l’intera famiglia: zii, nonni e cugini stipati in una baracca bassa con il tetto in lamiera, le stuoie per dormire gettate in cortile quando il caldo soffoca le notti. Anche suo fratello Joel era uno stregone: lo hanno ficcato in un pozzo vuoto e maleodorante, finché un temporale violento lo ha annegato.


Hanno occhi neri di odio i bambini di strada di Kinshasa, cupa metropoli da sette milioni e mezzo di abitanti sdraiata sulle colline. Sono oltre trentamila le piccole figure spettrali che bivaccano a piedi nudi nelle vie percorse da smog denso, rifiuti, gente che cammina in cerca di lavoro e cibo, bancarelle macilente che vendono pane accanto a chiodi usati, marmitte d’auto e frutta, scarpe spaiate.
I bambini vagabondi masticano bastoncini di terra secca per non sentire la fame. Due terzi di loro, secondo l’organizzazione americana Human Rights Watch, sono stati torturati e cacciati di casa con l’accusa di stregoneria. Basta un televisore che si rompe, un parente che si ammala, una bicicletta rubata, e il bambino viene additato come uno gnomo diabolico e mortifero.



Qui, dove l’80 per cento della popolazione vive con un quarto di dollaro al giorno, per molte famiglie l’ossessione per la magia nera non è che un pretesto per sfamare meno bocche. Una crudele usanza per sopravvivere, nell’ex colonia belga reduce dalla più devastante guerra civile d’Africa. E nel medioevo di Kimbanseke, che con i suoi duecentomila abitanti è fra i quartieri più affollati della capitale, i militari proseguono nelle ronde a fucili spianati nutrendo la gente di rabbia.


La nuova Costituzione congolese condanna gli abusi sull’infanzia e le illogiche accuse di stregoneria ma nessuno, qui, denuncia il vicino di casa quando lo vede picchiare a morte il figlio. E c’è chi lucra su questo grumo di credenze allucinate: i santoni delle “chiese del risveglio”, sette animiste che spuntano a migliaia promettendo conforto alla disperazione endemica. I genitori s’indebitano per pagare l’esorcismo dei figli ma non sempre, poi, li riaccolgono.
Il pastore Onokoko, palandrana rosso fuoco, è famoso per intossicare i baby-stregoni con infusi di erbe perché vomitino il diavolo che li abita. Altri li percuotono a colpi di Bibbia e ne ustionano le mani finché non confessano di essere posseduti.
Le famiglie che non possono permettersi il costoso rito di purificazione, lo praticano a modo loro: il padre della quindicenne Esperance, temendo di essere ucciso nel sonno, l’ha rinchiusa in uno sgabuzzino senza cibo né acqua, e quando lei ha urlato che aveva fame, l’ha nutrita con escrementi.
La matrigna di Brian, dodici anni, gli faceva colare petrolio nell’orecchio per corrodere i suoi spiriti maligni. Gli zii di Josué, orfano tredicenne, erano indecisi se disfarsi di lui con una corda o con un sacco da gettare nel fiume: lui li ha sentiti e ha cominciato a dormire fuori, sulla porta, come un cane in allerta. Quando si è ammalato, una vicina l’ha portato in ospedale dove lo hanno prelevato dei missionari, salvandogli la vita.


A Kinshasa, ma anche nell’est del grande Stato (la regione del Kivu, epicentro di una guerra civile infinita e dimenticata) nascono centri d’accoglienza per i bambini-stregoni affinché, oltre a sopravvivere e ad andare a scuola, sappiano di non avere colpa. Di essere solo vittime di un’allucinazione collettiva.
Makita oggi riesce a sorridere mentre coccola la sua bambola in una casa-rifugio di Kinshasa, dove trenta ndoki, i più soli e malati, sono affidati a un centinaio di vedove di Kimbanseke che stanno imparando a cucire e ad allevare maiali per vivere. Un incontro di solitudini e stigmi sociali, che diventa un seme di solidarietà e di futuro.
Makita fa fatica a muoversi per le percosse subìte, ma la paura ha lasciato i suoi occhi. Per altri bambini intorno a lei è presto: non riescono a giocare. Trascinano per il cortile, assorti, le macchinine che qualcuno ha costruito per loro con pacchetti di sigarette da due soldi.

PER AIUTARLI

www.mlfm.it/progetti/congo/ek_abana.htm
Natalina Isella
, dolcissima suora lombarda, accoglie 50 ragazzine accusate di stregoneria nel suo centro di Bukavu, nel sud del Kivu.
www.aibi.it/ita/progetti/aibi-mondo/congo/
Il nuovo progetto in Congo dell’associazione Amici dei Bambini.

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