MILAZZO, GLI OSPITI INATTESI

Un pomeriggio al mare con un gruppo di adolescenti africani, arrivati sui barconi a Lampedusa. Che ora, trasferiti nella cittadina del Messinese, attendono di capire cosa sarà del loro futuro 

A Dakosta pare strano che con il mare si possa pure giocare: spruzzarsi d’acqua fra amici, vedere chi resiste di più con la testa sotto, guardare le ragazze stese in spiaggia in questi ultimi caldi di settembre.
Lui, che ha 17 anni e viene dai campi del Ghana, il mare l’ha visto per la prima volta in Libia, un miraggio dopo un mese di deserto, prima in macchina e poi a piedi perché era finita la benzina e non c’era cibo: “Due miei amici sono morti, abbiamo dovuto lasciarli lì e continuare a camminare”. In Libia ha lavorato tre mesi come spazzino, non sa dire in che città, finché un barcone lo ha portato a Lampedusa. E quel mare che gli era parso seducente ora gli metteva terrore perché lui non sa nuotare.
In questo ventoso pomeriggio, Dakosta ancora prova disagio per l’acqua: se ne sta tutto vestito sotto l’ombrellone rosso, con altri ragazzini di colore, sulla spiaggia di San Papino a Milazzo. Questa cittadina del Messinese elegante e borghese, nota per le raffinerie e le navi verso le Eolie, a metà luglio s’è trovata con 20 ospiti inattesi: ghanesi e senegalesi dai 14 ai 17 anni, partiti dall’Africa in solitaria inseguendo sogni nebulosi ma invincibili. Come tutti i 5.800 minori stranieri non accompagnati presenti oggi in Italia, al 93% maschi, oltre 1.300 arrivati solo quest’anno.
A 18 anni diventano clandestini, oppure chiedono asilo e attendono mesi nel limbo dei centri d’accoglienza.

Già a fine giugno Save the Children aveva lanciato l’allarme: 450 adolescenti stazionavano da troppo tempo nel centro di Lampedusa, inadeguato all’accoglienza dei minori. Così la Regione Sicilia ha dovuto individuare in fretta strutture più adatte, e Milazzo è uno dei 5 comuni che hanno risposto. “Non sappiamo quanto si fermeranno da noi - ammette Francesco Giunta, presidente della cooperativa Utopia che ha attrezzato la propria sede con i letti a castello per i giovani africani -. Da 27 anni ci occupiamo di disagio minorile, ma questa è una sfida nuova”.
I milazzesi hanno raccolto vestiti e scarpe nuove per loro, il Comune li ha coinvolti nella pulizia delle aiuole, i coetanei siciliani li cercano per le partite di pallone e adesso, in spiaggia, li salutano con vigorose strette di mano e l’intercalare “ciao, cumpare”. Loro studiano italiano e la sera paiono turisti fra i turisti, sulla passeggiata del lungomare.

Samsun, ghanese, passa ore dipingendo a olio soggetti sacri. Sina, senegalese, s’è fatto amico i venditori ambulanti della spiaggia, suoi connazionali: “Sono partito in aereo da Saint Louis, in Senegal, fino al Burkina Faso, poi in macchina in Libia – racconta -. Farò qualsiasi lavoro: appena avrò un po’ di soldi andrò a prendere mia mamma e le mie sorelline”. Dakosta è fuggito da una vendetta privata, dopo che in Ghana aveva investito un bambino con la moto: “La sua famiglia voleva uccidermi, mio fratello mi ha dato un po’ di soldi e mi ha detto scappa”. Un altro giovane ghanese dai denti rovinati non voleva convertirsi all’Islam come imposto dal padre.
Ma adesso, sulla spiaggia di sassolini chiari con l’isola di Vulcano all’orizzonte, sembrano film lontani. Marylisa Lo Presti, educatrice, insegna loro a nuotare, a farsi amico il mare. Intanto racconta: “In due hanno compiuto 18 anni, li abbiamo accompagnati in questura a Messina a chiedere lo status di rifugiati e sono stati subito trasferiti al centro di Crotone. Eric mi ha telefonato ieri, nervoso. Mi ha detto “no good””.
Vorrebbe tornare a Milazzo, dentro quella strana vacanza al mare in cui s’è sentito, forse per la prima volta, ragazzo.

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