QUELLE CHE FANNO PRIMAVERA




Marocco, Tunisia ed Egitto (e domani chissà, l'Algeria): senza di loro le rivoluzioni sarebbero state diverse. Intellettuali, studentesse, attiviste: ecco chi sono e cosa sognano le ragazze arabe. In edicola su Velvet (La Repubblica), due articoli di Elisa Pierandrei su Marocco ed Egitto, Monica Capuani sulla Tunisia, e il mio contributo sulla sempre criptica Algeria. Questo. 
Algeri è bianca, placida, e basterebbe l’aria tiepida del mare a renderla accogliente. Ma la primavera, almeno quella politica, pare lontana. Forse perché l’Algeria, con la guerra civile degli anni Novanta, fa storia a sé. Vige ancora lo stato d’emergenza, è vietato manifestare, poliziotti e gendarmi presidiano la città. O forse perché l’Algeria la sua primavera l’ha già vissuta, nel 1988, e nessun fiore è sbocciato.

La gente era scesa in piazza per chiedere democrazia ed erano seguiti gli arresti di massa, l’ascesa dei partiti islamici, il colpo di Stato e il sangue di 200mila morti. Meglio tenersi il regime di Abdelaziz Bouteflika, presidente dal ’99, che rischiare la replica degli anni bui.



“Eppure anche qui ci sono stati moti popolari, nel 2011” puntualizza Mekioussa Chékir, giornalista del quotidiano La Tribune, mentre beviamo un caffè nel centralissimo hotel Suisse. E racconta gli scioperi, le manifestazioni studentesche, le proteste per l’aumento dei prezzi: una rivolta con scarsa eco all’estero, rimasta solo in potenza. “Siamo stanchi della violenza” dice Mekioussa, che scrive molto di donne e spiega che qui, per loro, poco è cambiato: “I poteri pubblici s’inorgogliscono delle recenti riforme, ma non si sono tradotte in miglioramenti per le donne”. Il Codice della famiglia, che lascia la donna nell’inferiorità sociale e giuridica, non è stato scalfito. 


Le femministe sono convinte che la democrazia, qui, si giocherà sul terreno della parità. “Le donne si mobilitano” dice la sociologa Fatma Oussedik “ma al potere sono troppo poche per incidere. Anche la legge sulla quota minima del 33 per cento di donne in politica non cambierà molto, nella nostra quotidianità”. Oggi, nell’Assemblea Nazionale le donne sono meno dell’8 per cento, in Senato meno del 5. Così anche Farida Messaoudi, segretaria nazionale per i movimenti associativi, è scettica: “Le quote rosa non sono che una facciata per farsi belli all’estero” ha sostenuto a una conferenza. “Siamo governati da caste ermetiche, chiuse a qualsiasi dialogo”.





Per qualcuna, poi, è meglio tenersi lontani dal vento di piazza Tahrir, perché in Egitto e Tunisia ha finito per risvegliare i movimenti islamici, nemici numero uno dei diritti femminili. “Dobbiamo vigilare su primavere portatrici di burrasche devastanti” ha tuonato la ministra della Cultura Khalida Toumi, e Nadia Ait Zai, docente di Diritto all’università di Algeri, è stata più esplicita: “Preferisco vivere nell’Algeria di oggi che nella Tunisia del post-rivoluzione. Non esiste un islamismo moderato: qualsiasi partito islamico imporrà la sharia e il Corano come Costituzione”. Forse la storia dell’Algeria ha qualcosa da insegnare ai vicini del Nord Africa.

da Velvet (La Repubblica), maggio 2012. Riproduzione riservata

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