ALGERIA, DOVE LA DONNA È MINORENNE A VITA



Alle elezioni legislative del 2012 hanno conquistato oltre un terzo del Parlamento. E oggi, nel nuovo governo formato il 5 maggio dal rieletto presidente Abdelaziz Bouteflika, le donne ministro sono 7 su 34: all’Istruzione, al Turismo, all’Artigianato, alle Tecnologie dell’informazione, alla Gestione del territorio e dell’ambiente, alla Solidarietà nazionale, famiglia e condizione femminile, e infine alla Cultura, dove la fino a ieri inamovibile Khalida Toumi, in carica dal 2004, è stata rimpiazzata dalla cineasta Nadia Labidi.
È un record di presenza femminile al potere, nella storia dell’Algeria, oltre che il più alto numero di ministri donne in tutto il Nord Africa. “Onore alle signore” ha titolato trionfalmente il più diffuso quotidiano del Paese, Liberté, per il quale aumentare le donne al governo da 4 alle attuali 7 rappresenta un “messaggio d’apertura e di modernità”. Per molte femministe algerine, invece, non è che un’operazione di maquillage.


Mériem Bélaala, presidente di Sos Femmes en Détresse, nel suo centro di accoglienza.

“Mounia Meslem, la nuova ministra alla Solidarietà e alla condizione femminile, è un’avvocatessa impegnata nella difesa delle donne in difficoltà: spero che resti se stessa e non si faccia fagocitare dal meccanismo dei partiti” commenta Mériem Bélaala, femminista storica, presidente dell’associazione Sos Femmes en Détresse che nel 1992 aprì il primo centro d’accoglienza in Algeria per donne vittime di violenza. “Purtroppo abbiamo visto altre donne combattive piegarsi alle logiche politiche”, aggiunge, e l’insinuazione sembra andare a Khalida Toumi, che da battagliera sostenitrice dei diritti delle donne, e per questo minacciata di morte dagli islamisti, una volta al governo ha poi fatto ben poco. 
Il grande ostacolo all’emancipazione femminile in Algeria si chiama Codice della Famiglia: una legge ispirata alla shar’ia islamica, in vigore dal 1984 e parzialmente emendata nel 2005, che considera le donne delle minorenni bisognose di tutela, cittadine solo a metà. “E’ un paradosso” spiega Bélaala: “Qui una donna può diventare ministro, persino presidente della Repubblica, ma per sposarsi ha bisogno del wali, il tutore: un uomo di famiglia oppure un giudice che le dia il permesso di contrarre matrimonio. Dopo la riforma del 2005, può chiedere il divorzio ma solo restituendo il denaro versato dal marito per la dote, e per molte è una soluzione impossibile. Permane la poligamia e la follia dell’eredità, che spetta a una vedova in misura ridicola, a vantaggio dei figli maschi e dei fratelli del marito. Il Codice della Famiglia è la legge più retrograda e discriminatoria per la donna e i suoi bambini: finché non sarà abolita, non ci saranno pari opportunità in Algeria”.


Thinehinane Makaci, portavoce dell’Unione delle giovani femministe algerine.
Secondo l’Ufficio nazionale di statistica, le donne rappresentano solo il 19% della popolazione attiva. Eppure il 40% di loro ha un diploma o una laurea, contro il 10% degli uomini. “Ma molte accettano salari inferiori a quelli degli uomini pur di lavorare e uscire di casa” osserva Thinehinane Makaci, 26 anni, portavoce dell’Unione delle giovani femministe algerine. “E’ quindi in atto una guerra dei sessi, con gli uomini che accusano le donne di rubare loro il lavoro. C’è poi la questione dell’aborto, che in Algeria è illegale: proliferano gli aborti clandestini ma solo per chi può permettersi di sborsare grosse somme. Tutto questo contraddice l’articolo 29 della nostra Costituzione, che riconosce l’uguaglianza di tutti i cittadini”. 
Le 7 donne al governo potranno inaugurare un nuovo corso per le donne algerine? “Siamo scettiche” risponde Makaci. “Dopo le elezioni del 2012 non è cambiato nulla. Occorre innanzitutto smontare una morale sociale retrograda e maschilista”.

Da Pagina99, 12 luglio 2014

Commenti

Posta un commento

Post più popolari