CLANDESTINO? TI CURO, POI TI DENUNCIO

Il nostro governo vorrebbe che tutti i medici d'Italia si trasformassero in spie: una rete sufficientemente nutrita per poter, finalmente, e senza troppa fatica, individuare tutti i clandestini presenti in Italia. Semplice, no? Cosa c'è di più semplice che schedarli quando si recano al pronto soccorso per farsi curare? Come? Il diritto alla salute è universale? La sanità dev'essere accessibile a chiunque, basta che sia un essere umano? Ma no, è più importante la sicurezza. Messa costantemente in pericolo, in ogni luogo, da loro: i clandestini brutti e cattivi. L'arma di distrazione di massa più riuscita delle cronache italiane. E che importa - come diceva ieri sera Laura Boldrini dell'Unhcr ad Annozero - se molti di loro sono in fuga da guerre e persecuzioni e dunque, tecnicamente, dei "richiedenti asilo"?

Leggete l'appello di Medici senza Frontiere e Società Italiana di medicina della migrazione.

Ed ecco il mio articolo sulla sanità e le donne straniere, pubblicato da Io donna in novembre e qui aggiornato.

Tre donne arabe compaiono lente, tre pancioni che tirano la stoffa delle tuniche in tinte pastello, i volti floridi e velati, due bimbi a testa. Buoni, siedono silenziosi e assonnati. In un angolo, gli occhi grandi e mobili, un’esile ragazza bionda che si presenta come Maria, moldava, 24 anni: sembra un’adolescente e la sua neonata una bambola, le guance punteggiate da un’allergia.
Dorina, la zingara che chiede l’elemosina all’ingresso dell’ospedale, oggi ha una visita: strofina il gonnellone sul pavimento della sala d’attesa e saluta tutti come una che è di casa. Entra, ansioso, un giovane boliviano: deve parlare con qualcuno, deve sapere cosa accadrà al suo bambino appena nato, prematuro. Sta nell’incubatrice, lui e la moglie peruviana sono clandestini, «e come lo curiamo senza documenti?».
Gli spiegano che il neonato ha diritto alle cure, clandestino o no; che la moglie può ottenere un permesso di soggiorno fino ai sei mesi del figlio; che per lui, invece, una soluzione facile non c’è. «I nostri uomini da voi non trovano lavoro, se non su quelle impalcature assassine per 25 euro in nero» sbotta Viktoria, ucraina, italiano perfetto, badante, clandestina prima del permesso di soggiorno per la gravidanza. È al settimo mese e al primo controllo: «Ero andata in pronto soccorso, un’infermiera mi ha trattata male: “Voi straniere rompete solo le scatole”. Io ero infermiera al mio paese, non avrei parlato così a nessuno. Ho detto no grazie, tenetevi le vostre cure, io mi tengo la mia dignità. Se non mi avessero parlato di questo posto avrei deciso di partorire a casa».

Il Centro di ascolto e assistenza per le donne immigrate e i loro bambini, aperto nel 2000 all’ospedale San Carlo di Milano, è un progetto pilota insieme alla sua struttura “gemella” del San Paolo, all’altro capo della città. Sono stati i primi centri ospedalieri pubblici a specializzarsi nella femminilità della migrazione, in una città come Milano dove gli immigrati regolari sono il 14 per cento degli abitanti, contro il 6,7 della media nazionale. I primi a inserire mediatrici culturali arabe, cinesi, romene, sudamericane, nigeriane nello staff, a pieno titolo, per far sentire a casa le straniere da poco in Italia e poter intuire disagi sociali e personali dietro le richieste sanitarie. E ora lanciano l’allarme su una norma proposta dalla Lega Nord, che vuole abolire l'articolo 35 del Testo Unico sull'immigrazione: oggi un medico ha l’obbligo di non denunciare l’immigrato irregolare che chiede assistenza; domani (la norma sarà votata dall'assemblea del Senato il 3 febbraio) il dovere di riservatezza può scomparire. A discrezione del singolo, dunque, se segnalare o no un clandestino alle forze dell’ordine, mentre l’ospedale dovrà denunciarlo se rifiuterà di pagare le nuove tariffe che, sempre nella proposta, si ipotizza di imporre agli immigrati irregolari. I quali finiranno per tenersi alla larga dalla sanità pubblica, come fosse un nuovo posto di polizia, e se avranno malattie infettive metteranno a rischio tutti.
Ma gli effetti più tristi potremmo vederli su donne e bambini: «Metà delle nostre pazienti sono irregolari» ammette la ginecologa Fiammetta Santini, responsabile del Centro al San Carlo, dove transitano soprattutto arabe, romene, rom e nigeriane. «Temo che il clima nazionale di caccia al clandestino si ripercuota sulle gravidanze non volute: se le straniere avranno paura anche dei medici, scopriranno tardi di essere incinte e torneranno a buttare i neonati nel cassonetto».
«Se passerà la modifica, ci aspettiamo anche più aborti clandestini tra le irregolari» aggiunge Graziella Sacchetti, ginecologa, tra le fondatrici della struttura per immigrate al San Paolo e membro della Società di medicina della migrazione. «Lo abbiamo visto tra le romene quando ancora non era stata regolamentata l’assistenza per i neo-comunitari. Inoltre, aumenteranno la mortalità e le malattie tra i neonati: siamo appena riusciti, in tutta Italia, a portare gli indici dei parti prematuri e della morbilità infantile tra gli stranieri al livello degli italiani. La nuova legge ci riporterà indietro, vanificando in un attimo dieci anni di lavoro».
Sintomatico il caso delle nigeriane, in gran parte schiave del racket della prostituzione, le più disinformate: «Tentano di abortire con un farmaco anti-ulcera dagli effetti devastanti, il Cytotec» racconta Stella, mediatrice nigeriana al San Carlo. “L’altro giorno mi hanno chiamata da Magenta, una ragazza era in overdose. Lo fanno per evitare gli ospedali, temono di essere schedate e rimpatriate prima di saldare il debito con le loro maman».

Anche tante cinesi interrompono le gravidanze in clandestinità, ricorrendo però ai loro medici: 300 euro per interventi sotto banco ma in genere sicuri. «A noi chiedono spesso della villocentesi, l’esame che rivela il sesso del nascituro» dice la dottoressa Chiara Gregori che al San Paolo, con l’aiuto di tre mediatrici cinesi, ne incontra tante di queste donne «senza documenti, quando va bene una fotocopia del passaporto. Con i calli sui glutei per il troppo lavoro da sedute, una sopportazione del dolore e un’impassibilità nell’affrontare le diagnosi prenatali negative che all’inizio mi lasciava attonita».
E anche qui, come in Cina, quando il feto è femmina spesso lo si rifiuta «perché la femmina lascerà la famiglia per quella del marito e sarà una forza lavoro persa» dice Gregori.
Queste dottoresse, psicologhe, assistenti sociali, ostetriche devono ascoltare. Battere sul tasto della contraccezione e sull’importanza dei controlli. E mai tradire giudizi. «Tempo fa, sentivo disagio soprattutto verso le romene” confida Graziella Sacchetti. «Hanno storie di otto, nove aborti, e te lo dicono senza drammi, senza abbassare gli occhi come invece fanno le italiane o le sudamericane. Forse perché nel loro Stato comunista non esistevano religione né sensi di colpa. Io mi arrabbiavo moltissimo per questo uso dell’aborto quasi come metodo contraccettivo, ma ho imparato a non far trapelare le mie emozioni: la donna straniera deve potersi fidare del medico, senza avvertire un giudizio sulla sua cultura. Altrimenti finirà per non fidarsi di nessuna struttura pubblica».
Con le arabe, per esempio, nessuno qui bada al capo velato, «com’è inutile irrigidirsi con i loro mariti quando chiedono che in sala parto ci siano solo donne» dice Fiammetta Santini. E le arabe - egiziane e marocchine, in gran parte - sono quelle che sentono più il bisogno di ricreare, al Centro, un gineceo domestico. «Tra loro è diffusa la depressione post parto» spiega Cristina Fumarola, responsabile del Centro del San Paolo.
«Sono venute in Italia per ricongiungersi al marito. Tante non lavorano, non parlano italiano, non hanno amiche. Si ritrovano sole con un neonato, quando invece al loro paese sarebbero circondate da sorelle, madri e cugine e trattate come delle regine. Il loro senso di isolamento è profondo». Così, quando vengono per le visite, cercano la chiacchiera, il tempo dilatato, i racconti del quotidiano. «In fondo è questo che cerchiamo di essere per tutte queste donne» sorride Santini. «Delle sorelle».

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