CHE FINE HA FATTO IL GENERALE NKUNDA?


Foto di Cédric Gerbehaye

Era il cattivo per antonomasia, il generale ribelle Laurent Nkunda che tanto sangue ha sparso nell'est del Congo negli ultimi anni. E' stato arrestato a fine gennaio, non se ne hanno più notizie. E intanto ieri il governo della Repubblica democratica del Congo ha firmato a Goma un accordo con i ribelli che fino a due mesi fa erano capeggiati da Nkunda, il suo Congresso nazionale per la difesa del popolo. Che ora si trasformerà niente meno che in partito politico, i suoi uomini ancora in cella saranno liberati e, sempre secondo l'accordo, il governo di Kinshasa promulgherà una legge d'amnistia a favore degli ex combattenti. Stranezze d'Africa

IL MIO ARTICOLO SULL'ARRESTO DI NKUNDA PUBBLICATO DALLA RIVISTA AFRICA DI MARZO-APRILE

"Lo Stato maggiore congiunto della Fardc, l’esercito congolese, e di alcune truppe ruandesi della Rdf, informa l’opinione pubblica dell’arresto del generale ribelle Laurent Nkunda giovedì alle 22.30 al confine con il territorio ruandese dopo aver opposto una breve resistenza ai nostri militari a Bunangana”.
Il comunicato dell’ispettore generale della polizia congolese, John Nundi, gracchia per radio la mattina di venerdì 23 gennaio. La ascoltiamo in auto, sulle strade fangose e impossibili di Bukavu, capoluogo del Sud Kivu, in una giornata che sembra cominciare nell’indifferenza verso quello che dovrebbe essere un evento epocale: l’uscita di scena del dandy sanguinario Nkunda, lo studente di psicologia, pastore avventista, fondatore del Congresso nazionale per la difesa del popolo e sedicente paladino dei tutsi nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

Da sempre forte dell’appoggio ruandese, lo scorso novembre era arrivato con le sue milizie alle porte di Goma per poi tentare di dettare l’agenda dei colloqui di pace mediati dall’Onu. Sembrava l’uomo forte in grado di far traballare il governo di Joseph Kabila. Finché i suoi stessi alleati di Kigali, il 22 gennaio, lo hanno messo fuori gioco.
A Bukavu, all’indomani del suo arresto, la gente è preoccupata di ben altro: centinaia di insegnanti manifestano perché il governo non li paga da 66 mesi. A Goma, poche ore dopo, le strade grigie e geometriche hanno l’aspetto di sempre. La notizia è arrivata a tutti per radio, ma non c’è traccia di festa. “Forse ora ci sarà la pace, ma come facciamo a saperlo?” si chiede sottovoce Innocent, 18 anni di cui cinque passati come bambino soldato con le milizie di Nkunda che descrive come “buone”: “Con loro mangiavo carne tutti i giorni”.
Gli uomini che vendono patate e pomodori sporchi sullo stradone che porta al campo per sfollati di Buhimba, alzano le spalle: “Com’è possibile?” si chiede Marcellin, anziano ed emaciato. “Stava diventando il padrone del Nord Kivu e adesso si è fatto arrestare così, in una notte? C’è sotto qualcosa”.

C’era più agitazione a Goma qualche giorno prima, all’annuncio dell’ingresso in Congo dell’esercito ruandese, chiamato qui a fare piazza pulita di un altro contingente ribelle: gli interahamwe della Fdlr, gli hutu ruandesi fuggiti nel Kivu dopo il genocidio del ’94, famosi per le razzie nei villaggi e gli stupri di massa.
La gente, insomma, ha capito che restano troppi punti oscuri nella parabola discendente di Nkunda. Solo pochi mesi fa, la sua conquista del Nord Kivu pareva inarrestabile. Finché, ai primi di gennaio, il suo capo di stato maggiore, Jean Bosco Ntaganda, gli aveva voltato le spalle proclamandosi capo del Cndp, portando con sé 6000 uomini e firmando un frettoloso accordo con l’esercito governativo congolese per integrarvi le sue truppe.
Sempre più isolato, Nkunda è quindi finito in manette, e dopo settimane di mistero sulla sua detenzione (sarebbe prigioniero a Gisenyi, cittadina ruandese sul confine) il 7 febbraio è arrivato l’annuncio ufficiale dei ministri degli Esteri congolese e ruandese: il generale ribelle sarà estradato a Kinshasa, come aveva chiesto fin dall’inizio Kabila, per essere processato dall’Alta Corte militare congolese.
Secondo un osservatore occidentale coinvolto nei colloqui di pace, Nkunda era diventato imbarazzante per i ruandesi, che avrebbero un unico scopo: eliminare gli hutu della Fdlr. “Nkunda si era opposto all’integrazione delle sue milizie nell’esercito congolese” ricorda l’osservatore “era ormai un ostacolo all’accordo che ha permesso a 4000 militari ruandesi di entrare in Congo contro gli hutu. Inizialmente si ipotizzava che i ruandesi lo spedissero in esilio”. Oppure, sostenevano altre fonti, se lo sarebbero tenuto stretto come uno spauracchio per Kinshasa, nel caso in cui la nuova alleanza si fosse rivelata di burro.
Secondo Mathilde Muhindo invece, voce autorevole della società civile congolese ed ex parlamentare (si è dimessa per disgusto contro l’immobilismo di Kinshasa di fronte ai massacri nel Kivu), “l’arresto non è che una messa in scena. Kabila e Kagame hanno prima stretto un accordo segreto per far entrare l’esercito ruandese in Congo – il presidente del Parlamento e molti ministri non ne erano stati informati – e poi hanno tolto di mezzo Nkunda così Kabila oggi può dirci: vedete? I ruandesi sono amici, vi hanno liberato dal crudele generale portando la pace. Il nostro presidente, insomma, copre l’inqualificabile accordo con Kagame: a dicembre, durante i colloqui di pace a Nairobi, si parlava ancora di negoziare con gli hutu della Fdlr, per disarmarli e rispedirli in Ruanda. Ora, invece, si permette a un esercito straniero di venire da noi a risolvere un loro problema interno. Tutti, nel Kivu, ci aspettiamo che la caccia agli hutu non porti che altre violenze e altri morti. Con i civili, come sempre, a farne le spese”.

In quest’area si combatte da oltre dieci anni. Il vero obiettivo è il controllo delle miniere di coltan e oro. Il Ruanda è il maggior esportatore mondiale di coltan (come scritto da Africa nel numero di novembre-dicembre 2008) pur non possedendone una briciola, e Nkunda era il protagonista dello sfruttamento illegale delle miniere congolesi. Stati Uniti e Gran Bretagna hanno sempre appoggiato Kigali; Francia e Belgio, Kinshasa. Troppi interessi in gioco per permettere a questo territorio di complicarsi e insanguinarsi. Far fuori Nkunda e gli hutu della Fdlr sarebbe quindi un tentativo di sperimentare se, con la pace, arriveranno business migliori.
Meno di un anno fa, Joseph Kabila ha firmato un contratto da nove miliardi di dollari – il più ricco mai stretto con uno Stato africano - tra la Gécamines, la compagnia statale mineraria congolese, e la Crec, azienda cinese prevalentemente pubblica. I cinesi costruiranno ospedali, strade, ferrovie, università in cambio di tonnellate di minerali. Il generale Nkunda, tra le sue condizioni ai colloqui di pace, pretendeva la completa rinegoziazione del contratto, paventando un’invasione cinese in Congo. Lo stesso malcontento manifestato dagli americani, che all’indomani dell’accordo commerciale erano stati a colloquio da Kabila.
Ma secondo l’osservatore interpellato da Africa, “l’accordo con i cinesi è l’unica vera politica di sviluppo di Kabila: Nkunda vi si è opposto solo per opporsi al presidente, nel suo obiettivo di prenderne il posto. È troppo pensare che il generale godesse di appoggi internazionali”.
Intanto, però, il primo problema di Kabila è un altro: mantenere la promessa alla popolazione secondo cui l’esercito ruandese se ne andrà, vittorioso contro gli hutu, all’inizio di marzo. Se non accadrà, il suo governo traballerà seriamente. E i ribelli del Cndp potrebbero risorgere dalle loro ceneri. Anche senza Nkunda.

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