FOTO DI GRUPPO CON SIGNORE

Foto di Sara Magni

Il lavoro e l’istruzione hanno rivoluzionato i ruoli delle donne, anche all’interno della famiglia. Dove nascono inedite alleanze tra generazioni

Tre generazioni di donne che, per la prima volta, si trovano a convivere sulla scena sociale. Le figlie adolescenti, le madri quaranta-cinquantenni, le nonne dai sessant’anni in su. La fotografa Sara Magni le ha esaltate di luce e colore nei loro ambienti domestici, creando una versione moderna dell’ottocentesco ritratto di famiglia, quando ancora c’era l’orgoglio di mostrarsi compatte e arricchite dalle proprie individualità complementari. E intanto la sociologia e la psicologia li indagano, questi inediti intrecci femminili...
... tra nonne che vivono più a lungo (tra il 1983 e il 2008, dati Ocse, la vita media è aumentata di 6 anni, e le donne italiane arrivano a 83 anni contro i 76,7 degli uomini), madri che lavorano di più (il 46 per cento contro il 25 per cento del 1961), figlie che negli studi superiori soverchiano i fratelli (il 56 per cento delle iscrizioni alle università italiane sono al femminile) coltivando desideri difformi dalle coetanee del passato. 



«La coabitazione di tre generazioni nello stesso spazio temporale è la grande trasformazione sociale degli ultimi decenni» riflette la sociologa Chiara Saraceno, per la quale l’insolita triangolazione comporta «una trasmissione di saperi che non è più dall’alto in basso, bensì reciproca. Le nonne di oggi non sono ferme al loro tempo: non guardano le nipoti alla luce di com’erano loro, ma sono testimoni del cambiamento. Hanno attraversato le stagioni del divorzio e dei dibattiti politici, incoraggiando le figlie a studiare e vivendo l’ingresso femminile nel mondo del lavoro. È il bello dell’allungamento della vita: co-sperimentarsi in ruoli diversi e fasi dell’esistenza marcate da mutamenti importanti». 



Lo ha messo nero su bianco l’ultima ricerca europea Share: ormai le famiglie sono composte da tre, talvolta quattro generazioni, «e i vari componenti definiscono gli obiettivi reciproci» spiega Giovanna Rossi, sociologa della famiglia all’università Cattolica di Milano. «Per esempio, per una donna che lavora e desidera dei figli, la relazione con la madre diventa fondamentale per le scelte di carriera. Ma sebbene, come indica l’Istat, il 64,4 per cento dei bambini italiani vengano affidati ai nonni, spesso le nonne attuali lavorano ancora e non possono più fornire alle figlie un supporto totale». È il caso di Nanda, tra i volti del nostro servizio fotografico. Sessant’anni, tre figli e un nipotino, insegna pittura e ammette: «Quando andrò in pensione non farò da balia a nessuno e mi dedicherò alle mie passioni artistiche».



Così le nonne di oggi si presentano bifronti, nella relazione con le figlie: da un lato, supporti organizzativi per la gestione dei bimbi piccoli e baluardi affettivi quando i matrimoni delle figlie scoppiano; dall’altro, ingombranti figure con un retaggio di battaglie emancipatorie e personalità granitiche dalle quali le trenta-quarantenni cercano distanza. Lo sottolinea la psicologa clinica e scrittrice Silvia Vegetti Finzi: «Fino agli anni ’90 le figlie pativano il peso delle super mamme che avevano fatto il ’68, le conquiste di carriera, il femminismo... Oggi c’è un accordo di massima perché le nonne servono, fanno da ammortizzatori sociali, ma le generazioni si susseguono per opposizione e così le quarantenni attuali non sono più, come le madri, orientate ossessivamente alla carriera: al contrario, scelgono il part-time per conciliare lavoro e famiglia, e cercano consigli su come crescere i figli dalle coetanee e non dalle madri, amate ma non più ascoltate. Sono invece le adolescenti a sentire vicine queste nonne ex sessantottine: combattive come loro, tese alla carriera, alle esperienze all’estero, con scarse aspettative verso famiglia e figli». Come India, 19 anni, la ragazza più giovane ritratta in queste pagine, che per il futuro sogna l’indipendenza economica e, quanto alla vita privata, s’immagina con una serie di mariti di varie nazionalità («Uno dopo l’altro, non aspiro alla poligamia!»).
E dunque, nelle connessioni generazionali del presente, i tradizionali punti di riferimento femminili scoloriscono, quando non scompaiono del tutto. «Una donna di cinquant’anni fa aveva più chiaro quale fosse il suo modello di figlia, di madre o di nonna» ragiona la sociologa Barbara Poggio, coordinatrice del Centro studi di genere all’Università di Trento. «Oggi i modelli mediatici scompaginano le carte: le figlie più seduttive delle madri, le nonne giovaniliste, le lotte per la parità adombrate da messaggi ambivalenti sul rapporto fra i generi... È un sistema politeistico, con tanti archetipi, così la crescita delle ragazze non passa più dalla contrapposizione a un unico prototipo di madre. Anche perché le quaranta-cinquantenni paiono disorientate: schiacciate dalla responsabilità verso figli che loro stesse hanno responsabilizzato poco, e dall’assistenza ai genitori anziani. Tutti gli studi indagano la ricerca d’equilibrio per questa fascia d’età, che non ha ancora strumenti per gestire la propria situazione nuova e complessa». 
Così Emanuela, 32 anni, che ha visto la madre Marisa fare i salti mortali per armonizzare il ruolo familiare con gli oneri lavorativi preferisce concentrarsi sulla professione. Mentre Emilia, 35 anni, vede in Sandra, 70, l’esemplare di matriarca dedita solo alla famiglia, dispensatrice di serenità e risposte giuste per le quattro figlie. 
L’attrice e regista Barbara Enrichi ha raccontato le tre età delle donne nel documentario Variabili femminili , premiato in questi giorni all’Epizephiry International Film Festival. Protagoniste dai 14 ai 92 anni nel territorio del Chianti, tra anziane reduci dalle fatiche nei campi, cinquantenni temprate dalle lotte in fabbrica, trentenni laureate e disoccupate. Uno spaccato di provincia che si chiude con un’antologia di auguri alle donne di domani lanciati in cielo dentro palloncini: «Che possano fare figli senza essere discriminate sul lavoro» auspicano le trentenni. E le nonne, con disarmante realismo: «Che stiano meglio di noi».


da Io donna, 17 novembre 2012

Commenti

Post più popolari