RAGAZZE, TRA 50 ANNI SI FESTEGGIA


Se tutto va come dovrebbe, fra cinquant’anni gli uomini e le donne d’Europa saranno quasi - nemmeno totalmente - pari nella gestione del potere economico e politico. E’ molto probabile che io non sarò qui per scriverne stappando una bottiglia di quello buono, ma forse l’atteggiamento più positivo è cominciare a gioirne per le mie nipoti immaginarie.
Il mezzo secolo che ci separa dalla grande chimera non è un’ipotesi campata per aria, bensì il frutto di un calcolo matematico di uno dei tanti organismi comunitari che si occupano di ricerche sulle donne, l’Istituto Europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE). Dai suoi uffici di Vilnius, Lituania, qualche mese fa è uscito un interessante algoritmo: si chiama Gender Equality Index (indice di uguaglianza di genere) e traduce in numeri l’oggetto di tante nostre discussioni dall’8 marzo al 25 novembre, passando per San Valentino e la festa della mamma. 
Prendendo in considerazione i 28 Stati europei, l’indice combina una serie di indicatori comparati: la partecipazione delle donne al mercato del lavoro rispetto agli uomini, la differenza tra i rispettivi stipendi medi, il tasso di istruzione, la salute, la violenza e infine il potere, valutato a seconda della presenza delle donne in Parlamento, nei ministeri, nelle associazioni di categoria, nei sindacati e, naturalmente, nei board delle grandi aziende.
Il risultato, come è facile immaginare, è sconfortante come tutte le statistiche mondiali sul tema: se la parità assoluta equivale a 100 e la totale disparità a zero, la media europea si ferma a un tiepido 54, che precipita a 38 se consideriamo la sola area del potere, quella che - ammettiamolo - ci interessa di più, perche' avere piu' potere significherebbe disporre di piu' opportunita' e liberta' di programmare politiche sociali ed economiche che tengano conto della conciliazione lavoro-famiglia e di tanti altri elementi utili anche alla vita quotidiana delle donne che il potere non lo detengono.
Ed ecco il senso del cinquantennio: 50 anni ci separano da un indice di potere di 75. Per il 100, si vedrà.
“Siamo a meta’ strada verso l’uguaglianza in Europa” ha detto la direttrice dell’EIGE, Virginija Langbakk, durante il seminario al Parlamento Europeo al quale ho partecipato nei giorni scorsi insieme ad altri 99 giornalisti (di cui solo 4 o 5 uomini) da tutta Europa.
Langbakk ha presentato qualche dato nazionale: inutile dire che gli Stati europei più vicini alla parità sono i soliti Svezia (con un indice di 74,3), Danimarca (73,6) e Finlandia (73,4) i quali pero’, stranamente, sono anche quelli con una sconvolgente diffusione di violenza contro le donne. L’Italia ha un indice di parità di 40,9, che diventa un vergognoso 18,6 nella gestione del potere economico e politico: in quest’ambito, peggio di noi fanno solo Cipro e Lussemburgo. Persino Malta, sempre citata come quella che ci eguaglia al ribasso nella partecipazione femminile al mercato del lavoro, questa volta ci spernacchia un pochino.


Se volete autopunirvi proprio l’8 marzo, e farvi passare la voglia di uscire con le amiche questa sera, leggete qui l’intero rapporto sul Gender Equality Index: http://eige.europa.eu/
Io preferisco darvi appuntamento fra cinquant’anni per festeggiare, con occhi lucidi e dentiere smaglianti, insieme alle nostri nipoti.

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