BESLAN: LA STRAGE DEI BAMBINI

L’attacco alla Scuola della cittadina nell’Ossezia del Nord terminò con 334 morti. Ella Kesaeva perse i due nipoti adolescenti e il cognato, mentre sua figlia si salvò. Un’associazione italiana pubblica un libro in cui ripercorre il suo dolore. E punta il dito contro il governo di Mosca 

Ruslan Salhazanov, uno dei sopravvissuti al massacro (Corbis Photo/Lu Jinbo)

Il primo settembre del 2004, Ella compie 41 anni. Prima di uscire di casa per partecipare alla parata d’apertura dell’anno scolastico, suo nipote Alan le chiede trafelato: “Zia, cosa ti regalo? Ho messo da parte dei soldi e posso comprarti quello che vuoi”.
È l’ultimo, dolcissimo ricordo che Ella Kesaeva conserva della voce e del sorriso del ragazzo. Lo rivede quattro giorni dopo, al termine di un’affannosa ricerca all’obitorio. “Aveva ancora la camicia abbottonata, la cintola allacciata, era scalzo ma i calzini erano puliti. Aveva ferite da proiettile sul ventre, sui fianchi e sulle gambe. Dei fori molto piccoli. Non una sola ustione. Ancora tutto intero. Eseguirono l’autopsia proprio lì. Poi avvolsero il corpo di Alan in un sacco di colore indefinito e ce lo consegnarono insieme a 1.500 rubli, dissero che li aveva nelle tasche. Erano i soldi con cui voleva comprarmi il regalo di compleanno”.


Ella Kesaeva (foto Gisella Molino/Mondo in cammino)
Ella Kesaeva ha perso i due nipoti adolescenti, figli della sorella Emma, e il cognato nella strage di Beslan del 3 settembre 2004. Abitava – e ancora abita – a poche decine di metri dalla Scuola n.1 della cittadina dell’Ossezia del Nord, nel travagliato scacchiere del Caucaso, che è stata teatro del più sconvolgente attacco terroristico nella storia della Federazione Russa. Appena dopo il suono della campanella, l’irruzione di un commando di 32 ceceni armati. Oltre mille tra studenti, genitori, parenti e insegnanti, riuniti per la festa del primo giorno di scuola, sono tenuti in ostaggio per tre giorni, senza cibo né acqua. I terroristi chiedono al governo di Vladimir Putin il riconoscimento dell’indipendenza cecena e il ritiro dell’esercito di Mosca dal loro territorio. Il 3 settembre scatta il controverso blitz delle teste di cuoio russe. È una carneficina: 334 morti, tra cui 186 bambini, oltre a 126 persone rimaste tuttora invalide.
Oggi Ella Kesaeva, la cui figlia Zarina è miracolosamente scampata dalla strage, pubblica in Italia il libro Beslan. Nessun indagato (Carabba Editore), dove ripercorre il suo dolore personale e la rabbia collettiva per l’assenza, a 11 anni dai fatti, di un’inchiesta giudiziaria sulle responsabilità del governo russo. A Beslan, Putin scelse di mostrare il pugno duro contro i terroristi invece di salvare gli ostaggi: di lì a qualche giorno, instaurò un potere verticale decidendo la nomina dei governatori delle regioni non più con libere elezioni ma su ordinanza del presidente.

Ella Kesaeva è presidente di Golos Beslana (La voce di Beslan), l’unica associazione rimasta a difendere i diritti delle vittime, combattendo – tra le minacce e l’ostruzionismo delle autorità – per ottenere giustizia. Il suo libro nasce dall’amicizia con l’associazione piemontese Mondo in cammino, attiva nel Caucaso e in altri territori dell’ex Unione Sovietica con progetti per l’infanzia e la riconciliazione interetnica. Attraverso le parole di questa donna coraggiosa, il lettore “vive le fasi concitate del sequestro” spiega Massimo Bonfatti, presidente di Mondo in cammino, che firma l’introduzione, “condivide il suo dolore di fronte ai corpi straziati dei nipoti e la successiva lotta per la ricerca della verità che l’autrice stessa conduce affrontando i poteri forti, manifestando all’addiaccio, raccogliendo in maniera certosina le prove del massacro e le testimonianze, diventando un’esperta di balistica e di armi, ergendosi a investigatrice e ad autrice dei dossier presentati alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo”. 

L’intervento delle forze speciali dell’esercito russo nella scuola di Beslan (Olycom/Rex Features/Dmitry Beliakov)

Fu la giornalista Anna Politkovskaja, la grande accusatrice dei crimini di Mosca nel Caucaso, assassinata il 7 ottobre 2006, a incoraggiare Ella Kesaeva a rivolgersi alla Corte di Strasburgo. E i giudici europei, lo scorso 2 luglio, hanno accolto la maggior parte dei ricorsi presentati da Golos Beslana, tra cui la violazione degli obblighi di Stato da parte del governo russo e l’impiego sconsiderato di lanciagranate e lanciafiamme. “Siamo in attesa del verdetto definitivo per la riapertura di ulteriori procedimenti giudiziari” dice Ella Kesaeva. “I colpevoli devono essere condannati, affinché una tragedia simile non si ripeta mai più. Affinché i terroristi in uniforme non rappresentino mai più una minaccia per la popolazione mondiale, non solo in Russia ma anche al di là dei suoi confini”.

Nessun alto funzionario è stato infatti processato. L’unico colpevole della strage degli innocenti di Beslan è Nur-Pasha Kulaiev, il solo superstite dei guerriglieri ceceni. Quando è stato condannato all’ergastolo, nel 2006, gli sono uscite di bocca le stesse parole sibilate 70 anni fa a Norimberga dai “mostri mediocri” del nazismo: “Non mi sento colpevole. Ho fatto solo ciò che mi è stato ordinato”.

A Beslan, ci si prepara ai tre giorni della straziante commemorazione. I resti della scuola e il memoriale di granito verranno ricoperti di fiori, candele, giocattoli, bottiglie d’acqua in ricordo della sete tremenda sofferta dagli ostaggi. E gli allievi della Scuola n.1 lanceranno in cielo 334 palloncini bianchi leggendo, a uno a uno, i nomi delle vittime.

Per richiedere una copia del libro Beslan. Nessun indagato (17 euro compresa la spedizione), contattare l’associazione Mondo in cammino all’indirizzo email info@mondoincammino.orgAcquistando il volume, si contribuisce a finanziare i progetti di riconciliazione interetnica e interreligiosa della Onlus piemontese nel Caucaso del Nord.
 

da Io donna, 1 settembre 2015

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