BELLA D'INVERNO


D’estate, si affittano a buon prezzo ai vacanzieri, da settembre alle prostitute. Così, sul litorale abruzzese, centinaia di case si trasformano in bordelli clandestini. Per donne e trans in fuga dalle multe.

Nel quartiere “la Piomba” sono radi e deboli i lampioni tra le palazzine numerate a cinque piani, nel reticolo di vie che sfociano al mare. Alle 23 il silenzio è da notte fonda, e occorre uno sforzo dei sensi per seguire l’intensa e vellutata animazione: l’uomo che aspetta il suo turno su un’utilitaria gialla; quello parcheggiato più in là, in via Saline; l’altro che fuma in un angolo. Un trans dal seno esplosivo scende da un furgone bianco, saluta senza rumore e s’infila rapido in un portone seguito da un tizio sbucato dal buio. Una ragazza bionda in minigonna e castigato giubbino esce dal condominio di fronte e passeggia paziente. Una finestra s’illumina, un’altra si oscura.
Teatrino soffuso che prosegue fino all’alba...
... perché, nonostante tutto - i cortei guidati dal sindaco, le multe alle prostitute in strada come in mezza Italia, le modifiche al piano regolatore per vietare il meretricio in appartamento, le minorenni romene schiave scoperte qui tempo fa - l’autunno resta la frizzante apertura distagione nella zona a luci rosse di Silvi Marina, venti chilometri a nord di Pescara, lungo un Adriatico slavato e cementificato che, dal confine con le Marche giù fino a Chieti, vive una doppia vita: anonimi appartamenti sul litorale, mete estive del turismo low cost italiano ed europeo, a settembre si tramutano da case-vacanze in case-bordello.
Uno scenario mutevole - donne dell’Est, trans sudamericani e italiani, libere professioniste del sesso e ragazze prigioniere dei loro sfruttatori, presenze semi-stanziali e inquiline evanescenti che ruotano ogni 15 giorni - con vari epicentri oltre Silvi: Martinsicuro e Villarosa, più a nord; Francavilla, sotto Pescara; Montesilvano, dove i trans migrano dalla strada al monolocale per un’ordinanza comunale che, rispolverando un Regio Decreto del 1931, dà multe per “mascheramento”.
Eulalia, trans colombiana fidanzata con un carabiniere in pensione, ne ha prese tre da 20 euro, più altre da 309 euro per “grave pregiudizio alla sicurezza stradale”, alle tre del mattino quando sul vialone da Pescara a Montesilvano transita giusto chi cerca sesso.
Eulalia non le ha pagate, ha cambiato indirizzo e non le arriveranno mai, ma la svolta era obbligata: «Esercitare in casa» dice nel suo tugurio con le tende colorate, la camera da letto ricavata sul balcone, in un casermone noto per il mestiere di tante inquiline. «La proprietaria lo sa, prende i soldi in nero e a fine maggio vuole la casa libera, sai, per i turisti. Andrò in hotel o da un’amica, fino all’autunno». Intanto riceve quattro uomini al giorno, 50 euro l’uno (in strada ci si accontenta di 30), seimila euro al mese: «Vorrei pagare le tasse» mi soprende «per aprire un conto in banca, chiedere un mutuo. E lo Stato ci guadagnerebbe molto più che con le multe».

Il disegno di legge del ministro Mara Carfagna, che il governo punta a far approvare presto dalle Camere, prevede ammende e arresti per le prostitute in strada e i clienti, in nome di sicurezza e decoro. «E una volta fatta pulizia, dove finirà l’immondizia?» si chiede Paulo, travestito brasiliano in Italia da vent’anni, stabilitosi a Martinsicuro perché «Roma e Milano sono sature». Lui conosce tutti i papponi delle donne che si pubblicizzano sul Corriere Incontri e altri giornaletti, e ha una certezza: «Se sarà proibita la prostituzione in strada, si scateneranno mafie e mafiette».
Vale a dire italiani, non sempre gregari di bande albanesi e romene che ancora tengono le redini del racket. Pesci piccoli, tanti, che mangiano sull’indotto della prostituzione indoor: il cocainomane figlio di papà che aggancia belle ragazze dell’Est, offre appartamenti tra Ascoli Piceno e Teramo, poi estorce con violenza 400 euro a settimana. Il napoletano che ogni 15 giorni muove le “sue” clandestine tra Pescara, Napoli e Milano, eludendo le forze dell’ordine. Quello che fa la cresta su ricette mediche procurate sottobanco alle prigioniere in casa. E i proprietari degli appartamenti, con le agenzie immobiliari, che affittano in nero a immigrati senza documenti e lucrano: Lady Rockefeller, statuaria trans brasiliana, a Silvi pagava 1400 euro per due stanze, quattro volte il prezzo di mercato.
Ad Alina, romena, ne hanno chiesti 1300 per un monolocale a Villarosa, negli arcinoti condomini rosa e bianchi fronte mare («Il 90 per cento degli abitanti di Villarosa sono prostitute» esagera, ma il paese è davvero spettrale, con la vita che si agita tutta, loscamente, al chiuso). È finito in manette un agente immobiliare che si arricchiva così, a Martinsicuro e dintorni.
«Oggi, in quest’area, metà delle prostitute lavora in casa» stima Marco Bufo dell’associazione “On the road” di Martinsicuro: la prima, in Italia, a setacciare annunci sui giornali per capire il complicato mondo della prostituzione indoor. «È più difficile contattare queste donne, molte sono pesantemente sfruttate».
Come Maria, romena, trascinata minorenne ad Alba Adriatica da un’amica: «Mi aveva promesso un lavoro normale» balbetta all’Aquila, dove tenta di ricominciare. «Mi ha segregata in una stanza. Dovevo solo aprire la porta ai clienti che mi mandava lei». Un giorno la polizia irrompe, forse allertata proprio da un cliente, cancellando il suo incubo.
Antonello Salvatore, operatore di “On the road” a Pescara, riferisce di una giovane dell’Est incontrata in casa, del magnaccia arrivato all’improvviso, della ragazza che il giorno dopo scompariva, rimpiazzata da un’altra altrettanto impaurita. “On the road” ha aiutato oltre 300 donne a uscire dalla tratta, «ma se la proposta Carfagna diventerà legge» teme Bufo «in tutta Italia ci sarà la fuga nel sommerso, e gli operatori sociali non riusciranno più a intercettare le donne schiave».
Venti di cambiamento soffiano già sulla “Bonifica”, la provinciale tra Marche e Abruzzo, tradizionale asse del sesso a buon mercato. «Avevo la coda di macchine, ora conto le stelle» sbuffa Greta, italiana, bella e matura. «I clienti temono già le multe, e io ho messo un annuncio per lavorare in casa: dobbiamo muoverci». Alina, rabbiosa, che odia chiudersi in casa in vestaglia sexy, cederà: «Sto affittando con un’amica. Non abbiamo scelta». Mentre Mimma, cinquantenne travestito napoletano in tubino maculato, ha l’esperienza dalla sua «Quante tarantelle ho visto fare a governi e sindaci, e sono sempre qui. Da vent’anni».

CONTRO LE MULTE. Punire prostitute in strada e clienti (arresto da 5 a 15 giorni e ammenda da 200 a 3000 euro) significherà spostare il fenomeno al chiuso, in luoghi meno accessibili alle forze dell’ordine e agli operatori sociali, facendo così il gioco degli sfruttatori. È la posizione dei maggiori enti non profit che aiutano le vittime della tratta (tra cui Cnca, Gruppo Abele, Caritas, On the road) i quali, contro il ddl Carfagna, hanno presentato al governo un documento di proposte affinché la prostituzione sia affrontata per ciò che è: una questione sociale, non un problema di ordine pubblico.

Pubblicato su Io Donna il 4 ottobre 2008 con le foto di Francesco Cocco / Contrasto

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