JOHANNESBURG, LA CASA AI CONFINI DELLA VIOLENZA
foto di Marco Lachi |
Diciannove anni, sguardo arrendevole e voce sottile. Laura non realizza quanto tempo la distanzi dalla prima volta: “Avevo 12 anni... no, forse 14”. Eppure era il suo compleanno. Il patrigno aveva insistito per festeggiarlo a Durban, sul mare.
Una stanza d’hotel, un’ombra che la afferra nel buio, una pistola alla tempia: “Mi ha tappato la bocca, mi ha trascinata in bagno per non svegliare mia sorella. E ha iniziato a violentarmi, premendomi la pistola in testa. Io mi fidavo di lui, era come un padre... Mi ha stuprata ancora, tempo dopo, e ho sanguinato per giorni”.
Laura scandisce le parole sommessa e meccanica, gli occhi le cedono solo quando nomina la madre: “Non mi ha creduta, mi ha picchiata, dice che sono stata io a provocarlo, che ero io a voler fare sesso con lui. E ora è colpa mia se il suo uomo è in carcere e lei non ha soldi”.
Johanna, aspirante poetessa, in una strada di Yeoville. |
Lerato, 21 anni, tornava da scuola quando tre sconosciuti le si sono affiancati. “Mi hanno trascinata in macchina, incappucciata e portata non so dove, segregandomi per un giorno e una notte. Picchiata, torturata, imbottita di droghe... Ero convinta di morire. Mi hanno scaricata per strada il mattino dopo: se qualcuno non avesse chiamato subito l’ambulanza, la polizia, mia madre, sarei morta davvero. Non ho parlato né mangiato per tre settimane. Poi ho deciso di riprendere la scuola, riprovare a vivere...”.
Dinky, 16 anni. Da grande vuole fare l'avvocato. |
Il campo sportivo appena inaugurato nella scuola Observatory. |
Il giardino della casa famiglia Saint Christopher. |
Per informazioni sul progetto 31 e 34 di Ecpat: www.ecpat.it e www.mais-onlus.org
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