QUANDO LA RIVOLUZIONE NASCE DA UNA POESIA
Foto di Bahi Mashat |
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A tu per tu con la più famosa poetessa dell'Arabia Saudita, la prima a essere stata tradotta negli Stati Uniti, in tour per promuovere il suo ultimo libro Canvas of the Soul.
Al Brecht Forum di New York, uno spazio culturale nel cuore del West Village, c'è una donna dal volto magnetico, in tunica azzurro e crema e un velo viola acceso sui capelli neri, che declama rime sulla libertà, i pellegrinaggi notturni della mente, la tolleranza per il diverso. Gesticola ad arte, cadenza le sillabe, trascina le aspirate. Sembra un'attrice navigata Nimah Ismail Nawwab, e invece è una poetessa dell'Arabia Saudita, la più famosa, e la prima a essere stata tradotta negli Stati Uniti. Il suo ultimo libro Canvas of the Soul (Tela dell'anima, Tughra Books) l'ha composto direttamente in inglese: è appena uscito in America e lei è stata in tour per la East Coast a presentare i suoi versi che, dietro le suggestioni mistiche, toccano i temi sociali più scottanti. Tradotta in sei lingue (non ancora in italiano, purtroppo), amante dei poeti dell'Islam classico come Rumi ma anche di Pablo Neruda e Jane Kenyon, viene definita dai critici statunitensi un personaggio sospeso fra tradizione e modernità, un ponte fra Medio Oriente e Occidente, oltre che un'ambasciatrice dei diritti delle donne.
“Ma non chiamatemi femminista” puntualizza lei “preferisco dirmi umanista”. Nimah è misteriosa. Di lei, è dato sapere solo che vive nell'est dell'Arabia e discende da una stirpe di studiosi alla Mecca, ma non rivela la sua età né quanti figli abbia. “Non parlo della mia vita privata” sorride cortese “ho stretto un patto con la mia famiglia. In Arabia, se sei donna, hai bisogno dell'appoggio del marito, dei genitori e dei fratelli per poter viaggiare, studiare, lavorare. E scrivere, ovviamente”. Ha fatto scalpore, nel regno waabita, quando alla presentazione di un suo libro s'è messa a firmare copie per i lettori: la prima volta che un'autrice donna compiva un gesto tanto “occidentale”. “Mi hanno dato della rivoluzionaria” ammette “e quell'episodio è stato considerato un grande salto nella scena letteraria dell'intero Golfo, non solo nel mio Paese. Ma io penso che una donna non debba autocensurarsi: se vuoi fare una cosa devi agire naturalmente, senza pensarci troppo sopra, e l'effetto non potrà che essere positivo”. E' un'ottimista, la poetessa. Tiene seminari per i giovani presso il World Economic Forum e li incita ad affinare le proprie capacità inseguendo la libertà. Nella monarchia assoluta dell'Arabia Saudita si batte da tempo per i diritti femminili, ma il voto concesso dal re Abdullah alle donne, che andranno alle urne per la prima volta nel 2015, lei lo legge come un traguardo monco: “Lottiamo da vent'anni per la parità di genere, dunque questa novità non è affatto una gentile e improvvisa concessione del re, com'è stato scritto. Ma il punto di svolta per le donne arabe è un altro: l'abolizione del guardiano”.
Il guardiano è quella figura maschile che, in Arabia Saudita, è richiesta dalla legge per autorizzare la donna in qualsiasi azione e decisione: una donna non può lavorare, né sposarsi, né viaggiare all'estero, nemmeno sottoporsi a terapie mediche senza il benestare di quest'uomo, che in genere è un familiare. “Non vogliamo andare a votare accompagnate alle urne dal guardiano, non avrebbe senso” fa notare Nimah, elencando i numerosi passi ancora da compiere contro le tradizioni tribali: “L'abolizione dei matrimoni e dei divorzi forzati, una legge paritaria sulla custodia del figli, la cittadinanza per le donne che sposano un uomo straniero... Oggi queste donne perdono ogni diritto, in Arabia, e così i loro figli”.
Anche lei ha sostenuto la campagna Women2 Drive per l'abolizione del divieto di guida per le donne, ma mette in guardia: “Le promotrici sono state coraggiose a guidare rischiando l'arresto, ma purtroppo in Occidente è passato il messaggio che il nostro problema è solo quello di non potere avere la patente. E invece è solo la superficie dei nostri diritti negati”.
25 NOVEMBRE Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Parla anche di Sheima Jastaniah, condannata in Arabia Saudita alla fustigazione (e poi graziata dal re) per essersi messa al volante di un'automobile, la campagna di Amnesty International Italia “Io sono la voce” in vista del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Una raccolta fondi tramite sms solidale al numero 45509 in sostegno alle donne del Medio Oriente e del Nordafrica, che stanno pagando a caro prezzo la loro battaglia per i diritti umani. Donne come l'araba Sheima e come Nasrin Sotoudeh, avvocata iraniana, incarcerata per aver difeso un oppositore. Come la blogger siriana Razan Ghazzawi, perseguitata per aver scritto contro il governo, e l'egiziana Salwa Husseini, torturata per aver manifestato. Le donazioni consentiranno ad Amnesty International di proseguire nel 2013 la sua principale campagna globale sui diritti umani in Medio Oriente e Nordafrica, attraverso il potenziamento delle missioni di ricerca nei Paesi della regione, la promozione di appelli per salvare la vita di persone a rischio di tortura o di morte, le pressioni sulle assemblee incaricate di scrivere le Costituzioni e di adottare leggi per porre fine alla violenza sessuale e formare le forze di polizia al rispetto delle donne.
da Io donna, 22 novembre 2012
Nimah e io durante l'intervista al Brecht Forum di New York. |
25 NOVEMBRE Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Parla anche di Sheima Jastaniah, condannata in Arabia Saudita alla fustigazione (e poi graziata dal re) per essersi messa al volante di un'automobile, la campagna di Amnesty International Italia “Io sono la voce” in vista del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Una raccolta fondi tramite sms solidale al numero 45509 in sostegno alle donne del Medio Oriente e del Nordafrica, che stanno pagando a caro prezzo la loro battaglia per i diritti umani. Donne come l'araba Sheima e come Nasrin Sotoudeh, avvocata iraniana, incarcerata per aver difeso un oppositore. Come la blogger siriana Razan Ghazzawi, perseguitata per aver scritto contro il governo, e l'egiziana Salwa Husseini, torturata per aver manifestato. Le donazioni consentiranno ad Amnesty International di proseguire nel 2013 la sua principale campagna globale sui diritti umani in Medio Oriente e Nordafrica, attraverso il potenziamento delle missioni di ricerca nei Paesi della regione, la promozione di appelli per salvare la vita di persone a rischio di tortura o di morte, le pressioni sulle assemblee incaricate di scrivere le Costituzioni e di adottare leggi per porre fine alla violenza sessuale e formare le forze di polizia al rispetto delle donne.
da Io donna, 22 novembre 2012
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