LA GITA A NABLUS E IL CONCETTO DI RESILIENZA
Diari palestinesi/5.
Il cortile ampio e assolato, con l’edificio chiaro a due piani in arenaria e marmo di Carrara, si apre come un’inattesa oasi di pace nel via vai rumoroso della città vecchia. Nel XVII secolo, in piena epoca ottomana, Khan Al Wakala era un caravanserraglio che offriva riposo ai viaggiatori lungo la via dei commerci tra Damasco a Gerusalemme e ai pellegrini diretti alla Mecca. Allora Nablus, nell’attuale Cisgiordania palestinese, era una città florida e rinomata in tutto il Medio Oriente: fondata dai romani sotto Vespasiano, conquistata dagli arabi e poi dai crociati, distrutta e risorta, oggi con i suoi 140 mila abitanti è il principale centro urbano della Cisgiordania. E merita una visita, a cominciare dalla sua posizione incastonata tra i panoramici monti di Gerizim ed Ebal, una sessantina di chilometri a nord di Gerusalemme.
Khan Al Wakala, il caravanserraglio
d’epoca ottomana restaurato dall’Unesco e dall’Ue.
Passeggiando fra i vicoli in pietra della preziosa parte antica, ci
si perde nel suq che offre di tutto, ma gli acquisti obbligati sono
almeno due: il sapone all’olio d’oliva, la specialità artigianale di
Nablus, e una fetta di kunafeh, il dolce tipico preparato con formaggio
fresco, pasta e sciroppo. Il minareto della moschea Al Naser
svetta da una piazzetta nel cuore del suq, mentre ai confini del centro
urbano sorgono luoghi biblici: il pozzo di Giacobbe, dove Gesù incontrò
la samaritana, e la tomba di Giuseppe. Ma il simbolo della
rinascita di Nablus è oggi l’antico caravanserraglio di Khan Al Wakala:
restaurato dall’Unione Europea e dall’Unesco su un progetto italiano di Elias Khuri e Davide Pagliarini, fra qualche mese aprirà al pubblico in veste di hotel con 25 stanze, ristorante e polo culturale.
Moda femminile nel suq della città
vecchia.
Durante gli anni cupi e laceranti della seconda intifada – la rivolta
che dal 2000 al 2005 provocò oltre 3 mila morti palestinesi e mille
israeliani – Nablus era culla di terrore e resistenza: produceva più
kamikaze di qualsiasi altro luogo in Palestina, e fu posta sotto assedio
dall’esercito israeliano. Oggi il desiderio di normalità dona
una serena vivacità ai ristorantini e bar affollati all’ingresso della
città vecchia, al nuovo centro commerciale con il cinema inaugurato nel
2009 e all’attiguo caffè dove anche le ragazze, nel pomeriggio, siedono
ai tavolini. Mentre l’hotel Yasmeen, tra i vicoli del suq,
preferisce conservare ad memoriam i fori dei proiettili della seconda
intifada contro le sue vetrate colorate, e qualcuno ha riposto un mitra
giocattolo dentro al vaso della pianta all’ingresso. Se con ironia o con
cinismo, è difficile capirlo con le nostre categorie mentali.La psicologa Sabrina Russo. |
Nel villaggio di Nabi Salih, dove gli abitanti continuano a manifestare contro la confisca delle terre da parte di Israele e gli abusi dei coloni, i bambini hanno partecipato ai cortei del venerdì, subendo lacrimogeni e proiettili di gomma: «Paradossalmente, questo ha aumentato la loro autostima – spiega Sabrina Russo – poiché hanno sentito una forte appartenenza alla propria comunità».
Un mondo al contrario, dove i genitori preferiscono avere i figli accanto in situazioni pericolose, piuttosto che lasciarli a casa a tremare di paura e solitudine.
Diari palestinesi è un progetto in collaborazione con l'Unione Europea, pubblicato da Io donna (Corriere della Sera).
Le sei puntate:
1. Nella valle del Giordano
2. Il sale della dignità
3. I bambini palestinesi ripuliscono Gerusalemme Est
4. Betlemme, le donne di Aida Camp
5. La gita a Nablus e il concetto di resilienza
6. Gerusalemme ed Hebron, i tour dell'occupazione (coming soon)
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