A SCUTARI, LA BATTAGLIA DELLE NUOVE FEMMINISTE D'ALBANIA

L'entrata del centro "Passi Leggeri" a Scutari.

Il gruppo di donne del centro “Passi leggeri”, creato grazie a una Ong italiana, si batte per i diritti femminili in una terra dove ancora dominano le regole degli uomini. Ma ora il loro futuro è messo a rischio dai giochi della politica


Terra del passato vivente”: così, all’inizio del Novecento, la scrittrice inglese Edith Durham descriveva la regione di Scutari, nel nord dell’Albania più tradizionalista. Una frontiera tra islam e cristianesimo circondata dalle Alpi Albanesi, dal mare Adriatico e dal lago più grande dei Balcani, che il Paese delle Aquile condivide con il Montenegro. Una sequenza d’invasioni ha elargito influenze serbe, veneziane, bulgare, bizantine e ottomane, incastonate nelle leggi consuetudinarie del Kanun, tuttora vive sulle montagne.
Secondo questo antico codice, elaborato nel 1400, la donna non è che un otre per contenere figli: un sigillo del maschilismo più estremo che ha lasciato un’eredità pesante alle donne di Scutari, che pure è considerata la capitale morale e culturale di una nazione con una democrazia ancora in assestamento.

«Qui tante donne devono chiedere il permesso ai mariti per uscire di casa, sono limitate nella loro vita sociale, e trattate come oggetti» racconta Alketa Leskaj, un’attivissima quarantenne che parla perfettamente italiano. Durante i violenti disordini scoppiati nel ’97 per il collasso dell’economia, è stata costretta a riparare in Grecia, per poi rientrare nella sua città a perseguire una missione ambiziosa: emancipare le donne, rendendole il motore di una società civile che comincia solo ora a far sentire la propria voce nei palazzi del potere.
Alketa Leskaj.
«Il nostro scopo è promuovere i diritti delle donne e dei bambini», spiega Alketa. Offriamo assistenza legale e psicologica alle vittime di violenza domestica, formazione al lavoro, servizi come asili e ludoteche per i bambini in tre quartieri periferici della città. Dopo il crollo del comunismo, c’è stata una migrazione massiccia dalle montagne, e in questi quartieri abusivi mancano i servizi di base».Alketa dirige il centro “Passi leggeri”, fondato nel 2001 nel delizioso centro pedonale di Scutari, una ragnatela di vicoli dove si respira un’atmosfera quasi bohémien, tra negozi, caffè e ristoranti che servono pizza, kebab e byrek, la tipica torta salata, mentre il canto dei muezzin si armonizza alle campane delle chiese ortodosse e cattoliche. “Passi leggeri” è nato grazie al sostegno della Ong italiana Cospe e del nostro ministero degli Esteri, in partnership con alcune associazioni femminili locali.
“Passi leggeri” è una casa-rifugio per donne vittime di violenza, ma anche uno sportello di informazione e sostegno, un luogo d’aggregazione e d’elaborazione di nuove politiche di genere, che finora ha coinvolto oltre mille donne.
I bambini del centro "Passi Leggeri" nel quartiere di Kiras.
Alketa Leskaj racconta dei tabù che il suo gruppo di femministe ha dovuto affrontare e polverizzare con tatto: «Erano le stesse donne a esprimere una mentalità maschilista, riproducendo qui in città le dinamiche di isolamento vissute sulle montagne. In casa dovevano sottostare a regole precise: rispondere di tutto alla suocera, che a sua volta risponde al figlio, in una gerarchia rigida e anacronistica in cui la nuora è l’ultima e la figlia giovane l’ultimissima. Non solo: la violenza domestica era considerata normale, e di salute riproduttiva non parlavano per una sorta di pudore tradizionalista. All’inizio venivano ai centri accompagnate da suocere e cognate, perché solo così avevano il permesso del marito per uscire di casa. Tante non erano mai state da un medico in vita loro: abbiamo organizzato incontri con ginecologhe e ostetriche, per un percorso di cura del corpo e prevenzione dei tumori al seno e all’utero”.
La sindaca di Scutari, Voltana Ademi.
Dall’anno scorso, per la prima volta la città di Scutari è guidata proprio da una donna: Voltana Ademi, 40 anni, del Partito democratico (una coalizione di destra). Anche lei aveva partecipato alla fondazione di “Passi leggeri” e le donne, che l’hanno sostenuta nella campagna elettorale, con la sua elezione a sindaco riponevano tante speranze nella valorizzazione delle loro attività. Invece la nuova donna al potere ha finito per deluderle. «Non riusciamo più a comunicare con lei» sospira Alketa Leskaj. «La sindaca programma di affidare la gestione dei nostri centri, che stanno in edifici municipali, al Comune stesso. Per noi, invece, sono proprietà solo degli abitanti del quartieri, che oggi, dopo tanti anni di lavoro, sono diventati cittadini attivi, che esprimono i loro bisogni e finalmente partecipano alla vita sociale».
Oggi, grazie all’impegno di “Passi leggeri”, in quartieri marginali della città come Kiras e Mark Lulaj a gestire i centri sono le stesse donne che in passato erano arrivate qui in cerca di un conforto. Quasi tutte hanno almeno un figlio all’estero. Come Leta, insegnante, tra le leader nel quartiere di Mark Lulaj: «Siamo partite da noi stesse» racconta «dal desiderio di aprirci e superare il nostro isolamento. È stata una vera sfida mettere in comune le nostre problematiche e cominciare a sentirci titolari di diritti». Grazie a quest’inedita solidarietà femminile, Xhixha, 54 anni, ha trovato il coraggio di separarsi dal marito che minacciava di ucciderla nell’ambito di una faida tra le loro due famiglie. «E ora mi ritrovo con l’odio della mia famiglia d’origine» sorride «che non accetta che io abbia osato lasciare il mio uomo. Ma non m’interessa: sono stufa di questa mentalità maschilista e di regole illogiche che derivano dal Medioevo».
Il centro storico di Scutari.
La sindaca Voltana Ademi ci riceve con grande cordialità nel suo ufficio ampio e luminoso, elegantissima in blu e rosso. Assicura che non estrometterà le donne, «ma questi centri rappresentano un bene di tutti» puntualizza, «ed è giusto che il Comune coordini il loro funzionamento, in una logica di partnership fra il pubblico e il settore non profit. Non mi piace che le donne abbiano ingaggiato questa campagna di disinformazione contro di me rispetto a ciò che sta succedendo».
Le donne sono così scese in piazza, l’8 marzo scorso, contro i rischi che una gestione diretta del Comune comporterebbe: la chiusura dei due asili e, soprattutto, la nebulosa che s’è abbattuta sul loro futuro. «Siamo state estromesse da qualunque discussione sul nostro avvenire» rincara Alketa «pare addirittura che il Comune metterà dei suoi funzionari a dirigere i nostri centri. Noi non siamo dei meri erogatori di servizi: siamo la società civile che ha faticato tanto per essere protagonista e ora rischia di tornare all’anno zero».
Intanto, però, le centinaia di signore che a “Passi leggeri” hanno trovato una seconda casa attendono risposte per poter proseguire nei loro progetti. Con l’amaro in bocca per il fatto che, dopo le faticose battaglie contro il potere maschile, proprio una donna le stia tenendo sulle spine.
Per sostenere “Passi leggeri”: cospe.org, tel. 055/473556, email info@cospe.org

da Io donna, 29 luglio 2016

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