"LE CICALE", UN FILM SUL PRECARIATO DEGLI ANZIANI
Foto di Emiliano Mancuso e Federico Romano. |
Da quindicenne, nel 1952, Mario moriva fra le braccia di
Anna Magnani nel film Camicie Rosse, la storia di Garibaldi e Anita in
cui lui interpretava un acerbo ma valoroso patriota che all’eroina dei due
mondi ricordava il primogenito Menotti. Fuori dal set anche la Magnani
s’affezionava a Mario, giovane promessa del cinema. Invece lui, per povertà e
pressioni familiari, prenderà tutt’altre strade, dall’emigrazione in Germania
al lavoro nei locali di Milano e poi come portiere di notte. Fino al ritorno a
Roma, nel quartiere Cinecittà, vicino a quegli studios riposti per sempre nel suo cassetto dei rimpianti.
Oggi Mario ha 80 anni, vive con una pensione di 650 euro al
mese e la costante minaccia di sfratto. “Che brutta fine ho fatto - scoppia a ridere. - Io che
ho recitato con i più grandi del cinema italiano, ora c’ho voi davanti”. Il
“voi”, affettuosamente ironico, si riferisce ai due registi Emiliano Mancuso e
Federico Romano, che sulla storia di Mario e di altri tre anziani della
capitale alle prese con affitti non rinnovati, pensioni minime che non bastano
mai, solitudini e memorie a tinte romanzesche, stanno girando un
film-documentario “che ci riguarda tutti - sostiene Mancuso - come specchio di
un futuro possibile”.
S’intitola Le cicale, poiché la crisi dell’economia e
dello Stato sociale sta portando a estinzione le formiche che possono o potranno
godere di una vecchiaia tranquilla. Delle 18 milioni di pensioni registrate
all’Inps a inizio 2017, il 63,1% ha un importo inferiore a 750 euro al mese
(percentuale che, fra le donne, sale al 76,5%). Degli oltre 8 milioni di italiani in
condizione di povertà, molti sono proprio pensionati che vivono soli. E così le
traversie di Mario, Giuliana, Pino e Marco, i quattro protagonisti del film,
non rappresentano una nicchia marginale da compatire, bensì realtà da indagare,
perché potenzialmente destinate ad aumentare.
I registi di Le cicale nascono entrambi nel mondo
della fotografia, com’è evidente nell’estrema attenzione alla luce e alle
inquadrature, a nobilitare con un tocco d’arte quattro esistenze che rifiutano
d’ingrigire fra i labirinti di portafogli vuoti e la paura di finire un giorno
per strada. Emiliano Mancuso, già autore di reportage sociali per il New
York Times e il National Geographic, è al suo secondo lungometraggio
dopo Il diario di Felix (2014), un racconto delicato e doloroso sulle
inquietudini di un gruppo di ragazzi in una comunità d’accoglienza a Roma. Con
lui Federico Romano, giovane videomaker e fotoreporter appassionato al tema
dell’emergenza abitativa a Roma.
“Nel 2009 abbiamo filmato una brutta vicenda
di sfratti a Cinecittà - spiega Mancuso. - Le lettere per “fine locazione” erano indirizzate
solo agli inquilini anziani dell’immobile: il proprietario aveva scelto con
cura i soggetti più fragili. Là abbiamo conosciuto Mario, e deciso che avremmo
realizzato un
film sulla vita degli anziani a Roma in questi difficili anni di crisi. Alcuni
di loro sono morti, altri andati via, qualcuno è rimasto”. Ma intanto tutti e
quattro i personaggi sono quanto di più distante sia dal cliché della vecchiaia
depressa su una panchina, sia dalla macchietta di certa terza età
artificiosamente arzilla che tanto piace al marketing. Ciò che li lega è il
loro essere straordinariamente grintosi nel conflitto quotidiano per la
sopravvivenza. C’è l’82enne Giuliana, irresistibile nel suo eloquio pittoresco
e nella maestria in cucina: è già diventata una star su Facebook, grazie a un
breve video postato dai registi dopo essere stati rimpinzati dai suoi supplì.
Vedova da decenni, dopo lo sfratto Giuliana non voleva abitare con figli e
nuore e s’è trovata un monolocale a Centocelle, dove frequenta una Chiesa
evangelica che ha placato i suoi tormenti interiori. Uno dei quattro figli è
morto: “Quel giorno io sono rimasta seduta, senza parole, senza battere le
palpebre e si sono spaventati tutti - racconta nel film. - Ma mi sono fatta
animo perché il
Signore dice “io sono con te, non smarrirti””.
Pino invece ha 71 anni, due matrimoni alle spalle e una
figlia: con la pensione minima di 500 euro e lo sfratto, può permettersi
soltanto una casa occupata vicino alla stazione Anagnina. Così come Marco, che
ha perso il lavoro di capo cantiere a 48 anni e da allora non trova che
impieghi in nero, nell’attesa che scocchi l’età per la pensione di vecchiaia.
“Nessuno
di loro si lamenta, anzi: pur nelle difficoltà, non s’arrendono” precisa Mancuso,
che per oltre un anno è entrato nella quotidianità di queste persone
intraprendendo un viaggio intimo anche nei loro ricordi. Tutto in presa
diretta, senza una sola scena costruita. “Dare voce alle loro storie personali
non significa indugiare sul loro disagio, per questo ripercorriamo il loro
passato accanto al presente: gli amori, i figli, i viaggi, il rapporto con i
genitori”. Come quando Mario, a 80 anni, torna bambino alla domanda su suo
padre e sua madre: “Quando vado in chiesa la domenica, al Don Bosco, la gente
mi prende per matto perché mi fermo sempre vicino all’altare e parlo con Gesù e
la Madonna, come fossero mamma e papà. Chissà se quando la vita terrena finirà,
li potrò riabbracciare ancora…”.
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Le
cicale uscirà in
autunno ma in questi giorni, per riuscire a completarne la produzione (che è a
cura dell’associazione culturale Zona), i registi hanno lanciato una campagnadi crowdfunding: una modalità di finanziamento partecipativo tramite
internet, che continua a funzionare bene per progetti culturali indipendenti e
di taglio sociale, estranei ai circuiti mainstream. Al sito di
Produzioni dal Basso (produzionidalbasso.com/project/le-cicale/), fino a metà giugno, si può
sostenere la realizzazione del documentario con un contributo minimo di 5 euro.
Venerdì 26 maggio, poi, gli autori presenteranno Le cicale a Bologna,
presso il centro di fotografia Spazio Labò (per informazioni: zona.org, info@zona.org).
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