CALLAO: DAL PUGNALE AL PENNELLO


Viaggio nel distretto di Lima dove regnavano le gang. Oggi il progetto Fugaz produce arte, cultura e occupazione giovanile.

Una strada di Callao dipinta dai graffiti del progetto Fugaz.    

Lima (Perù)
La signora Cristina Flores presidia l’ingresso dell’imponente palazzo liberty accogliendo ogni visitatore con un sorriso materno e un dépliant. Ha 17 figli, metà della sua vita è trascorsa dietro le sbarre per spaccio di cocaina, ma ormai Cristina ha pagato i suoi debiti e oggi conduce tour culturali per il quartiere, chiama i taxi per gli ospiti di riguardo, e una volta s’è ritrovata persino ad accompagnare il ministro della Giustizia. Basterebbe la sua storia a far intuire la piccola rivoluzione in corso nel distretto di Callao, a nord di Lima, area popolosa e famigerata per le sue gang della droga, sviluppatasi senza logica attorno al principale porto del Perù.
Fondato dai colonizzatori spagnoli nel 1537, Callao ha subìto un declino urbanistico nel ‘900, affermandosi come uno dei sobborghi più violenti della metropoli sudamericana. Fino all’anno scorso era impensabile che le famiglie della classe media partissero dalle zone residenziali di Miraflores e San Isidro per inoltrarsi qui, tra la piazza intitolata all’eroe nazionale Miguel Grau e la fortezza Real Felipe, che in epoca coloniale difendeva la città dagli assalti dei pirati. Finché l’imprenditore israeliano Gil Shavit, come tributo alla sua patria d’adozione, ha acquistato 5 edifici in rovina trasformandoli in laboratori d’arte e cultura.
Il suo progetto CallaoMonumental-Fugaz ha aperto i battenti nel 2016, colorando i vicoli di graffiti e, soprattutto, coinvolgendo in prima persona i chalacos, come vengono chiamati gli abitanti della zona. “Non credono nello Stato, si sentono abbandonati: era fondamentale partire da loro” spiega l’artista peruviana Sonia Cunliffe, direttrice di Fugaz, mentre nel suo atelier ci mostra le installazioni in ferro battuto che sta per esporre alle Canarie e a Firenze. Il punto di svolta, ammette, è stato proprio il consenso della ex boss Cristina Flores, rispettata dall’intero quartiere, tanto nel male ieri quanto nel bene oggi. “Impieghiamo 60 residenti come commessi, addetti alle pulizie, guide turistiche - prosegue Cunliffe. - Erano disoccupati, alcuni ladri e spacciatori. In un solo anno la polizia ci ha riferito un drastico calo della criminalità”. Una scritta su un muro di Callao recita Del puñal al pincel (“dal pugnale al pennello”), lo slogan di una metamorfosi inaugurata con 18 artisti locali che hanno adornato di graffiti 15 muri.

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Il cuore di Fugaz è la Casa Ronald al 250 di Calle Costitución: 6 piani decorati con barre in bronzo e ferro, fregi di foglie e draghi, colonne di marmo, commissionati all’inizio del ‘900 dal finanziere Guillermo Ronald a un architetto inglese. Allora era il palazzo più moderno del distretto; oggi è un piacevole susseguirsi di gallerie e negozi d’abbigliamento e design. Fra gli spazi dedicati all’arte c’è quello del grande scultore peruviano Víctor Delfín, oggi 90enne, noto per la sua opera “Il bacio” che sorveglia il Parco dell’amore sul lungomare di Miraflores. Mentre giovani artisti tengono corsi per i bambini del quartiere: Carlos Zevallos con gli origami, il cileno Jil con la musica rap, Brigitte con le danze andine. In fondo al corridoio al piano terra, i murales dell’ex galeotto Lucuma ritraggono minuziosamente i labirinti carcerari in cui l’autore ha passato 30 anni, e appena fuori da Casa Ronald la galleria Evolución è l’unica, in Sud America, a proporre arte cubana contemporanea. Tra i ristoranti vegani e giapponesi, c’è anche una pasticceria italiana ricavata nell’antica bottega di un cappellaio. Come a voler riprodurre in questa periferia l’atmosfera bohémien di Barranco, il quartiere di Lima già consacrato all’arte e al design.


L’artista Sonia Cunliffe, direttrice di Fugaz,
nel suo atelier a Callao.
Fugaz è un progetto culturale ma soprattutto sociale - dice Sonia Cunliffe. - Non volevamo che la gente del posto si sentisse invasa. Alcuni hanno persino aperto ristoranti attorno, perché ora dal centro città le famiglie vengono a passare il weekend qui, dove i bambini possono giocare per strada e divertirsi con i nostri laboratori”. Sopra l’entusiasmo di questa idea innovativa s’è però allungata un’ombra: il magnate Gil Shavit è implicato in un affare di tangenti collegato al maxi-scandalo finanziario Odebrecht che, dal Brasile, sta travolgendo mezza America Latina. Shavit è uscito dall’amministrazione di Fugaz, e la direttrice Cunliffe assicura che si va avanti, ma intanto arrivano anche le stroncature dal mondo dell’arte “ufficiale” peruviana. Per Patricia Ciriani, curatrice e storica, Fugaz somiglia a un’enclave di ricchi dentro un sobborgo popolare, senza autentica inclusione sociale. Il critico d’arte Max Hernández prefigura poi un dannoso processo di gentrificazione: il restyling della zona come preludio all’aumento dei prezzi delle case, al trasferimento di intellettuali e facoltosi da altri punti della capitale, con la progressiva cacciata dei residenti.

L’atmosfera, a Callao, è quindi d’attesa. Ma la signora Cristina Flores e la sua famiglia allargata non paiono intenzionati a farsi strappare di mano quella che, per ora, s’è rivelata la loro unica opportunità di riscatto.

Da Avvenire, 24 novembre 2017

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