NOI DEI TOMBINI DI BUCAREST

foto di Flore-Ael Surun

Dieci anni fa i bambini delle fogne avevano commosso il mondo. Poi la Romania è entrata in Europa e loro sono scomparsi. Siamo andati a cercarli e abbiamo scoperto che sono solo cresciuti. E che per molti la vita scorre sempre là sotto

Marian parcheggia storta la sua bella macchina blu sul viale Oltenitei e scatta verso l’ingresso del parco. Ha accettato di mostrarmi il suo passato sepolto con cui «ho fatto pace» mi ha detto ieri, ma oggi è inquieto, frettoloso. «Volevi vedere Brancoveanu? Te lo presento».
Di fronte alla fermata della metropolitana, tra gente che fluisce informe e banchetti di zucchero filato, qualcuno ha sigillato i quattro tombini tondi. «Dormivamo qua sotto» dice Marian con tono meccanico, calpestandone uno «è il canale più grande di Bucarest. Ci abitavamo in trenta, quaranta. È qua che siamo diventati amici io, Corina, Raphael, Laurentzio… Quando sei un ragazzo di strada non sai più cos’è la paura. Puoi morire di fame o bruciato dalla tua candela. Parli della morte dei tuoi amici come parleresti del tempo. Ed esiste un unico odore: quello del canale che ti resta appiccicato addosso».

Ci inoltriamo nel parco, tra ristorantini e giochi da luna park deserti, ora che il sole è risucchiato dall’orizzonte di bloc grigi lasciando una luce incerta. Da due tombini aperti arrivano voci e vapori caldi. Marian si sporge, saluta.

Continua a leggere la storia nel libro Donne che vorresti conoscere, Infinito Edizioni, in uscita a novembre 2014.


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