Sì, è FOTTUTAMENTE POLITICO


"Yes it's fucking political" cantava negli anni Novanta per dire che qualsiasi nostro gesto, anche banale, ha una portata politica, sociale, alle cui conseguenze non possiamo sottrarci. Skin è così: uno dei pochissimi mix riusciti, nella storia della musica e dello spettacolo, di qualità e commercialità, di rock autentico e pop fruibile, di rabbia razziale e immagine glamour. E meno male che è tornata a cantare con gli Skunk Anansie: saranno in concerto a Milano il 15 novembre.
Chiacchierata con la migliore (secondo me) cantante in circolazione.


Maxi canotta a righe bianche e nere sopra i legging, scarpa da tennis, orologione da rapper, cornino portafortuna al collo e berretto da baseball rosa sulla testa rasata. A quarant’anni superati (è nata nel ’67), Deborah Anne Dyer in arte Skin - londinese di Brixton con radici giamaicane, orgogliosamente lesbica, una che non si riconosceva in nessun genere musicale e allora battezzava il suo “clito-rock” - è identica alla ragazza che negli anni Novanta sfondava la porta del pop (quando andavano Spice Girls e Destiny’s Child, per capirci) con una vocalità massiccia e selvaggia e la potenza della sua band multirazziale, gli Skunk Anansie (ragnetti puzzolenti, più o meno, in italiano).

Erano metal, elettronici e melodici, con la voce di Skin a impastare un prodotto davvero nuovo. Poi si sono sciolti, come succede alle migliori band. Lei fa due dischi da solista sfoggiando (per poco) qualche ciuffo di capelli, ma i fan lo ripetono a denti stretti: senza Ace, Cass e Mark, Skin non è la stessa.
Potenza dei desideri collettivi: gli Skunk Anansie si riuniscono dopo nove anni. Il 23 ottobre esce il greatest hits Smashes & Trashes, con tre inediti che non deludono; a novembre, i due concerti italiani (il 15 al Palasharp di Milano, il 16 a Firenze). Skin è bella, inaspettatamente minuta e gentile rispetto alla sua immagine di rocker rabbiosa. Un’avvertenza: leggete questa intervista immaginando risate, parolacce e tantissimi “you know”.


Quando ha lasciato la band, nel 2000, diceva cose del tipo: «Essere l’unica donna, per di più cantante, mi succhiava troppe energie costringendomi a sembrare sempre aggressiva». Fossi stata uno degli Skunk, mi sarei offesa.
«Non l’ho mai detto! Perché scrivono quel che vogliono, di me? La verità è semplice: stare con la band era diventato sfiancante. Sette anni di tour, e prima i concerti per tutta Londra: undici anni senza una vacanza. Ma siamo sempre rimasti in contatto: io e Cass (il bassista, ndr) abitiamo pure vicini. Nessuna acrimonia tra noi, davvero. Eravamo solo esausti, non c’era tempo neanche per un rapporto di coppia come si deve».
Due dei nuovi brani, Because of you e Squander, parlano proprio di amori disastrosi...«Sì, sono brava a scrivere di storie finite».
E scrive cose tremende: «Senza di te io sono niente», «Le ferite sul mio viso non saranno mai cancellate»... Perché canta sempre d’amore come se fosse una malattia?
«Perché lo è! L’amore ti ribalta il cervello, ti fa fare cose che non faresti mai, condiziona ogni tua relazione. In Because of you c’è una persona che sembrava fantastica - sa, di quelle che tutti i tuoi amici dicono: che fortuna, è meravigliosa! - e poi si comporta in modo gretto e tu ti chiedi se sarai ancora capace di innamorarti... Cose così».
Che la riguardano?
«Al momento no. Ho una relazione e sono molto felice. A differenza di quella della canzone, io queste faccende le supero in fretta».
Anche ora che - mi perdoni - non è più una ragazzina?
«Già, ho 42 anni. Ne sono orgogliosa».
Non è cambiata, in effetti. Segreti?
«Mantengo la mia luce, continuo a divertirmi e a sentirmi bambina, e devo ammettere che cantare in un band aiuta. Oggi, in più, possiedo disciplina e saggezza. Di fronte ai problemi non grido più “mio Dio, che faccio adesso?”. L’esperienza insegna a non stressarti, a non crollare. Anche in amore: a vent’anni, quando finisce un rapporto non mangi più; a 40 sai che la terra non smette di girare solo perché tu stai vivendo il tuo dramma personale».


È vero che lei è complicata e lunatica?
«Chi l’ha detto?».
Amici suoi. Si sarebbe dichiarata persino “incapace di essere felice”.
«L’avrò detto in passato ma, be’, le cose cambiano. Oggi sono capacissima di essere felice: la felicità è una responsabilità personale, nessun può dartela né togliertela».
E il cliché di Skin valchiria, arrabbiata con il mondo intero?
«Solo quando canto canzoni arrabbiate. Nella vita mi infurio quando leggo certe cose che scrivete di me».
Gliene leggo qualcuna? E lei mi dice quale non gradisce. È un gioco.
«O mio Dio».
Skin è un mix di Grace Jones e Annie Lennox senza un briciolo di eleganza.
«Chi l’ha scritto è uno s.... (parolaccia). Grace è una mia grande amica e io sono elegantissima».
Skin è una donna bionica (suppongo per la sua resistenza fisica e vocale dal vivo).
«Ma no! Sono una ragazza normale. Oh, scusi: una donna normale».
Skin canta come la figlia illegittima di Johnny Rotten e Sinéad O’Connor.
«Forse è la meno falsa... Senta, non posso prendere sul serio queste affermazioni».
Forse una sì, di un critico del britannico Melody Maker: «Se chiunque può diventare una star, allora Skin è un sistema solare».
«Ricordo! Questa può andare».
Anni fa lei era ipercritica verso l’industria discografica. Pensa ancora che sia un ambiente misogino e razzista?
«No, adesso penso che sia sessista. Alle donne non richiede talento e vocalità ma doti esteticche. Guardando certi video mi dico: oddio, io non posso competere su questo piano, finirei in gabbia. Tutto il lavoro fatto negli anni Settanta sulla parità è stato buttato dalla finestra. O forse sono le donne che, avendo oggi più controllo sul corpo e la sessualità, hanno imparato a sfruttare meglio questi aspetti. A me non interessano».
Perché viene così spesso in Italia? La hanno anche vista fare la dj.
«Ho amici ad Alessandria, Roma, Milano. Gente comune, che mi invita per i dj-set. In effetti vengo quasi tutti i weekend. È vicino: io vivo a Ibiza».
Perché Ibiza? Per le discoteche?
«Nooo! Amo i posti caldi, e Londra non lo è. Io vivo soprattutto di giorno: mi piace l’atmosfera rilassante che c’è accanto al mare, svegliarmi presto per guardare l’alba e camminare sulla spiaggia. E vivo circondata da ragazzini, nipoti e figli di amici».
Ha mai pensato a un figlio suo?
«Oh no! Ho già abbastanza bambini. Compresi Ace, Cass e Mark».
E che fa nel tempo libero?
«Coltivo ortaggi».
Come sarà Deborah-Skin tra vent’anni?
«Se oggi mi sento una ventenne, quel giorno mi sentirò una quarantenne. Mi impegno per non arrivarci decrepita: mi tengo in forma, non mangio troppa pasta, bevo solo vino buono... Ed evito certe persone, quelle che hanno il potere di farti invecchiare perché ti succhiano sangue ed energie. Ci riuscirò: sarò una sfacciata bambina di cinque anni in un corpo da vecchia».

da Io donna, 3 ottobre

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