IL MIO SAHARA DIMENTICATO
Aminatou Haidar è un’attivista per i diritti umani del popolo saharawi. La chiamano la "Gandhi del Sahara Occidentale". Oggi, verso mezzogiorno e mezzo, rientrava a El Ayoun, la capitale del Sahara Occidentale, dopo l’ennesimo tour internazionale come testimone dell’oppressione della sua gente subita da oltre trent’anni da parte delle autorità marocchine. Ed è stata arrestata. Un epilogo che temeva da tempo, come mi aveva raccontato un giorno d’estate a Bologna.
Oggi l’aeroporto di El Ayoun è stato circondato da agenti di polizia marocchini, riferisce l’associazione saharawi Codesa. La famiglia di Aminatou ancora non sa dove l’abbiano portata. Pochi giorni fa, il 6 novembre, il re del Marocco Mohammed VI ha tenuto un discorso molto duro sulla questione saharawi, alludendo al popolo separazionista come a “nemici dell’integrità territoriale”.
Ecco l’intervista che ho fatto ad Aminatou Haidar qualche tempo fa. E una scheda sul conflitto a bassa tensione fra Marocco e Saharawi.
Nel sudovest dell'Algeria, in un deserto roccioso dove 200 mila saharawi vivono profughi da più di trent'anni, l'immagine di Aminatou Haidar ricorre come un'icona.
I ragazzi di una scuola l'hanno dipinta lacera e in catene, simbolo della sofferenza dei saharawi rimasti nel Sahara Occidentale, l'ex colonia spagnola occupata dal Marocco nel 1975 nonostante l'Onu e la Corte dell'Aja sancissero la sovranità saharawi.
Aminatou Haidar vive a Elayoun, la capitale. Esile e pacata, è una madre di 42 anni che ha dedicato metà della vita alla resistenza pacifica contro l'occupazione marocchina, pagando con la prigionia e la tortura. Ha riavuto il passaporto solo quando la Commissione spagnola per i rifugiati ha insistito per premiarla a Madrid, tre anni fa. Da allora è stato un incessante viaggio per testimoniare il dolore del suo popolo: nel 2008, Aminatou ha ricevuto negli Stati Uniti il prestigioso premio per i diritti umani intitolato a Robert Kennedy e quest’anno è stata la volta, sempre in America, del Premio internazionale per il Coraggio Civile.
Nel 2006 ha raccontato la sua storia al Parlamento Europeo, ed è stata diverse volte in Italia a testimoniare l'oppressione dei saharawi nel Sahara Occidentale: i continui controlli di polizia, il divieto di esprimersi e di associarsi. E dopo ogni viaggio e ogni ritorno in patria, Aminatou ha sempre temuto l’arresto e il carcere, com'è accaduto ad altri attivisti saharawi.
Perché l'hanno arrestata la prima volta, nel 1987?
”Con altri studenti preparavo una manifestazione pacifica per l'arrivo di una delegazione Onu che avrebbe investigato sulla violazione dei nostri diritti. In 60 fummo arrestati. Io avevo con me una lettera per il capo missione dell'Onu: era la prova della mia colpevolezza, il processo era superfluo. Per tre anni e mezzo sono rimasta chiusa in un luogo segreto, in cella d'isolamento, bendata, senza prendere aria né potermi lavare. Per la mia famiglia ero morta. Le torture, fisiche e psicologiche, erano un trauma per noi donne, che nella società saharawi godiamo del massimo rispetto. Tra gli arrestati in quegli anni, di 500 non si sa più nulla”.
E lei, com'è stata liberata?
”Il rilascio dei prigionieri politici era una condizione del piano di pace dell'Onu. Siamo usciti dal carcere in 367. Io ero molto malata, sono rimasta in ospedale più di un anno. Avevo visto ragazzi morire per le torture, intere famiglie rinchiuse nelle celle luride. Ho contattato delle organizzazioni straniere e qualcosa si è mosso. Amnesty International ha avuto accesso nel Paese, fino ad allora sempre negato, e sono emersi i crimini commessi dal Marocco fin dal '75: le bombe al napalm, l'avvelenamento dei pozzi, gli uomini gettati vivi dagli elicotteri...”
Nel 2005 fa l'hanno incarcerata di nuovo.
”Partecipavo a un sit-it di solidarietà con i detenuti: la polizia marocchina ci ha picchiati e portati nel famigerato "carcere nero" di Elayoun. Pensavo che le condizioni dei prigionieri politici fossero migliorate, dai tempi del re Hassan II, ma mi sbagliavo. Questa volta c'è stato un processo, grazie alla presenza di Amnesty: io sono stata liberata in gennaio, insieme a gente che in carcere aveva passato vent'anni”.
Crede che il suo viaggio in Europa risveglierà interesse per la causa saharawi?
”A me importa divulgare la verità. Per la propaganda marocchina noi saharawi siamo liberi, e i profughi sono ostaggi dell'Algeria. Non è così. Ci vuole pressione internazionale sul Marocco perché conceda il referendum per la nostra indipendenza”.
L'Onu continua a spendere decine di milioni di dollari per la Minurso, la sua missione nel Sahara Occidentale. È servito?
”La Minurso non interviene di fronte alle violenze, ci rifiuta perfino un riparo nella sua sede. Eppure siamo noi attivisti a fornirle ogni informazione. L'Onu non riesce a organizzare il referendum, ha perso credibilità. Per molti è complice del Marocco”.
Perché, secondo lei, né l'Europa né gli Stati Uniti prendono una posizione netta nel conflitto tra saharawi e Marocco?
”Perché noi abbiamo scelto la non violenza, non il terrorismo: non facciamo paura a nessuno. E perché alcuni paesi, come la Francia, appoggiano il colonialismo del Marocco. La mia generazione crede nella via pacifica, nell'applicazione degli accordi dell'Onu, ma i giovani no, si sentono umiliati. E pensano che solo con un'altra guerra il mondo si accorgerà di noi”.
E IL FRONTE POLISARIO SPERA NEL PETROLIO
Lo chiamano Museo della guerra ma è un monumento alla pietà. I saharawi profughi in Algeria vi hanno raccolto lettere, oggetti e documenti trovati addosso ai soldati marocchini caduti nel conflitto che ha insanguinato il Sahara Occidentale tra il 1975e il '91. Allora la collezione serviva come prova di una guerra di cui il Marocco negava l'esistenza. Oggi il Fronte Polisario - il governo dei saharawi in esilio nel deserto algerino - aspetta di consegnare quegli oggetti alle famiglie dei caduti marocchini, quando avverrà la riconciliazione.
La guerra scoppiò appena la Spagna cedette la colonia del Sahara Occidentale a Marocco e Mauritania, violando una risoluzione dell'Onu che riconosceva la sovranità saharawi sul territorio. Duecentomila saharawi fuggirono in Algeria, dove proclamarono una Repubblica e ancora oggi vivono solo di aiuti umanitari.
Altri 700mila rimasero nel Sahara Occidentale occupato e chiuso a est dal "muro della vergogna": 2000 chilometri di cemento puntellato di mine. Con la tregua del '91, l'Onu fissò un referendum per l'indipendenza del territorio: il Marocco temporeggia da allora, bloccando la situazione.
I piani di pace elaborati da James Baker, inviato speciale dell'Onu, sono rimasti sospesi. Il re del Marocco Mohammed VI ha rilanciato un progetto di autonomia per il territorio, per mantenerlo sotto la sua sovranità negandone l'indipendenza. L'Onu l'ha rigettato. Nell’aprile del 2006, il Marocco ha poi dichiarato di aver liberato tutti i prigionieri di guerra saharawi.
Intanto il Polisario gioca la carta economica: ha firmato con otto compagnie petrolifere britanniche un accordo per l'esplorazione del Sahara Occidentale. Nella speranza che quella terra contesa - già ricca di fosfati e affacciata sul mare più pescoso del mondo - diventi un nuovo Kuwait, la cui stabilità politica possa meritare un intervento internazionale.
io sono nato a layoune,invece la signora Aminatou e nata a Tata l altro capo dei separatisti Abdelaziz Marakchi nato a Tadla cento del marocco altri sono nati in diverse citta marocchine,dove hanno abondonato il loro famiglie e sono messi a disposizione del regime algerino per chiedere una terra che non sono neanche in grado di produre un atto di nascita di quella terra... noi i sahrawi siamo nella nostra terra viviamo traquilamente,mentre queti cani abaianno.io non riesco a capire che c...chercano ...continuano a vivere con i soldi del pupolo algerino,destinato a una causa persa...il marocco e nel suo deserto.e vuoi continuate a appogiare i separatisti,integraliste,terroriste...........UNSAHRAWI DA GENERAZIONE viva l unita..
RispondiEliminaquando i padani avrannola republica Padana,i sahrawi anche.....i padani sonno Italiani,i sahrawi sono marocchini....1+1=2 e cosi via in tuto il mondo....un proverbio del sahara marocchino dice il cammello non vede mai la sua gobba ,vede solo quella degli altri...
RispondiEliminabla bla .....terroriti separatisti basta di alimantare guerre,falsificare realita e sorie....e un conflito algeromarocchino....stop
RispondiEliminano comment..............viva l unita marocchina
RispondiEliminascusami Anonymous (perché non ti firmi? problemi?), sono costretta a cancellare alcuni tuoi commenti per la semplice ragione che non si capisce niente.
RispondiEliminaovviamente non sono d'accordo con te, e ora che sono stata anche in Sahara Occidentale penso di conoscere meglio la situazione.
Il diritto internazionale sancisce l'esigenza di un referendum, per il Sahara Occidentale, com'è avvenuto per TUTTE le ex colonie del mondo. Questo, a mio avviso, è l'unico punto su cui impostare una discussione seria sull'argomento. Il resto sono opinioni e chiacchiere senza peso.