L'APPELLO DI DIANA



Diana è una docente universitaria in Scienze Politiche. Diana è un'amica. Diana ha un tumore al seno. E mi rende partecipe di questa sua riflessione che vorrebbe diffondere il più possibile per chi, come lei, sta combattendo.



Un diritto negato alle donne colpite dal tumore al seno
Questo appello non vuole essere una critica ai tanti, tantissimi che si prodigano per restituire una buona vita alle donne colpire dal tumore del seno. Né vuole essere una critica all’operato assolutamente meritorio, di Umberto Veronesi. Vuole però essere un invito ad accorgersi, da adesso in poi, di una grave violazione etica nel rapporto tra il medico e il paziente, violazione a cui si può porre termine subito e a costo zero.
Il diritto negato cui mi riferisco è quello della corretta informazione sul tipo di intervento chirurgico cui essere sottoposte, quando si ha un tumore al seno.
Generalmente le cose vengono raccontate così: se durante l’intervento si vede che il tumore è piccolo, si toglierà un quadrante, cioè soltanto una parte del seno (quadrantectomia). Se invece il tumore è grande o se i margini del pezzo operato (con l’intervento parziale) privi di cellule tumorali non sono sufficientemente ampi, si asporterà tutta la mammella (mastectomia).
Ma le cose non stanno esattamente così. Ad esempio, quante donne sanno che gli scienziati non sono affatto d’accordo su quanto devono essere ampi i margini della parte operata per essere certi di avere realmente eliminato tutto il tumore?
Non viene mai spiegato che l’intervento parziale ha dei costi e dei rischi. Anzi, non viene spiegato proprio niente. Le donne vengono private del diritto di scegliere se, in nome della conservazione del seno, sono disposte a correre quei rischi e a pagare quei costi.
Chiedo che quei costi vengano spiegati per iscritto prima dell’intervento,  ad esempio nel giorno degli esami pre-operatori. La donna avrebbe il tempo di riflettere e di fare la scelta che ritiene migliore.
Detto un po’ rozzamente, quei costi sono:
  1. dover subire una radioterapia, cosa che in molti casi  non accade se viene praticato l’intervento radicale.
  2. Maggiori rischi di recidiva locale, con tutto ciò che accompagna una recidiva: ansia, esami, ulteriori interventi chirurgici, chemioterapie e anche la possibilità anche di un esito infausto.
So che sul punto b) mi si dirà che non è vero. Per argomentare quello che affermo in questo punto il discorso  si farebbe troppo lungo per una breve lettera.
Mi limito a raccontare qualcosa della mia esperienza. Dopo 14 anni dall’operazione parziale, a me il tumore è tornato. E’ lo stesso tumore, nello stesso posto e ben più aggressivo della prima volta. E’ ragionevole ipotizzare che non fosse stato tolto a sufficienza?
Dove faccio la chemioterapia c’è una signora a cui il tumore è tornato dopo sei anni, anch’esso è lo stesso ed è nello stesso posto. La mia compagna di stanza di tre anni fa, operata in quadrantectomia per un tumore al seno - grande e piuttosto aggressivo - dopo una chemio devastante se lo è ritrovato dopo poco più di un anno dall’intervento.
Mi si dirà che noi siamo state vittime di “errori”. Certo, ma errori che sarebbero molto meno frequenti con una corretta informazione e che non ci sarebbero stati con un intervento radicale. E quanti sono questi errori? Che cosa si sa di essi?
In molti ospedali le cautele definite nei protocolli vengono spesso trascurate in nome di una strana filosofia, in base alla quale sembra che il problema prioritario sia, quando una donna viene colpita dal tumore, salvare il seno.
Per questa scelta si citano ragioni psicologiche, e non mediche. Forse è vero che molte donne preferiscono rischiare di più e conservare il seno, ma sicuramente molte altre preferirebbero rischiare il meno possibile. Molte altre la cui psicologia non interessa a nessuno, al punto che non vengono nemmeno consultate sul problema. Posso assicurarvi che la catastrofe psicologica del ritorno della malattia, in forme ben più gravi della prima volta, è  ben più seria del trauma della mastectomia.

Purtroppo per me non c’è più molto da fare. Ma per tante altre donne sì. C’è qualcuno che vuole raccogliere il mio appello e impegnarsi per il diritto a una corretta informazione delle donne colpite da tumore al seno?
Grazie

Commenti

  1. Cara Diana ti sono vicina.
    Ho avuto una madre che ha combattuto per 43 anni contro il tumore al seno... Operata (radicale e devastante oltre che invalidante al braccio) a trent'anni, radioterapia devastante che ha bruciato anche il polmone, recidiva in loco(?) i medici parlano sempre di nuovo tumore... qualdo passano tanti anni, ne erano passato venti circa... poi, dopo terapie ormonali (non poteva più sopportare alre radioterapie) le nasce un nuovo tumore, all'altro seno, operazione radicale con asportazione dei noduli ascellari, ma con operazione più moderna e meno invalidante. Terapia ormonale e dopo sette anni le prime metastasi... e dopo altri anni ancora, di cure, più o meno riuscite, infine... ha ceduto... il suo cuore, ormai stanco. Ma non è morta di tumore... pazzesco. Io sono stata opertata due anni e mezzo fa, ho avuto la parziale, senza asportazione di noduli. Il tipo era piccolo ma il più cattivo, per cui ho fattto sia chemio che radio terapia e anche la nuova terapia con gli intercettori, che dura un anno. Ora sto bene e so già come vanno queste cose: un po' bene ed un po' male.
    Per l'informazione ricevuta devo dire che sia il mio medico curante, sia il mio medico oncologo, sia il mio medico chirurgo ed anche i radilogi e gli altri che hanno fatto la tracciatura radioattiva per poter fare decidere al chirurgo in base all'estensione delle cellule cancerogene se asoprtare o no i noduli ascellari, sono stati molto chiari e comprensibili, hanno detto tutto e di più, sempre, io li ho molto aiutati per mia parte perchè avevo molta esperienza, avendo per tre quarti della mia vita accompagnato mia madre nelle sue peregrinazioni. Nel tuo racconto non ho trovato le spiegazioni - che invece io ho avuto e capito riguardo alla traccatura dei noduli ascellari, che invece mi pare, per quanto riguarda l'operazione,sia la cosa determinante: o non te lo hanno fatto o non lo hai saputo... questo ti avrebbe fatto capire la differenza delle operazioni, che non dipende dai medici in quanto tali ,ma da "protocollo" che seguono, il che vuol dire che la discrezionalità può essere una impressione nostra, ma di solito non c'è affatto. Inoltre non parli del fatto che, nel caso di noduli grossi, si fa una chemioterapia preventiva all'asportazione del nodulo che rende più sicura l'operazione. I noduli grossi dalle mie parti sono quasi sempre asportati con operazione radicale... Non so se le tue informazioni sono parziali o se ti è sfuggito qualcosa... non poso credere che quello che racconti spieghi con precisione tutto quello che in realtà i medici fanno. Mi parrebbe moooolto strano.
    A me hanno detto che sono guarita, io sorridendo ho detto che non mi sarei mai sentita guarita, ma che mi sono sentita ben curata e che ora vivo serenamente, anche se non spensieratamente... Ti auguro di riuscire a continuare con coraggio il tuo percorso, di trovare persone di cui fidarti, che siano capaci di darti tutto il sostegno, anche scientifico, che sicuramente meriti. Un abbraccio sincero. luisa.barabino@tin.it

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