ADOZIONI INTERNAZIONALI, SI CAMBIA?

foto Ai.Bi.

Adozioni internazionali in crisi? Leggendo le statistiche, si direbbe di sì. Nel 2012, 3.106 bambini stranieri hanno trovato famiglia in Italia: il 22,8 per cento in meno rispetto al 2011. Eppure le stime globali parlano di 168 milioni di minori abbandonati nel 2009, contro i 145 milioni del 2004.
Per comprendere le ragioni di questo divario, e studiare come dare nuovo impulso alle adozioni internazionali in Italia, il governo si appresta a istituire un comitato che elaborerà le linee guida per riformare la legge.
Il ministero della Giustizia ha individuato i dieci membri, tra giuristi e rappresentanti delle associazioni, ma i punti in discussione sono già controversi. Come spiegano due esperti del comitato: Marco Griffini, presidente dell’associazione Ai.Bi. (Amici dei Bambini), tra i maggiori enti autorizzati alle adozioni internazionali; e il magistrato Melita Cavallo, presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, che in passato ha presieduto la Commissione per le Adozioni Internazionali. 

CALO VUOL DIRE CRISI?
In realtà, le adozioni internazionali diminuiscono anche perché molti Stati esteri si sforzano di incoraggiare l’adozione dentro i loro confini. I bambini adottabili all’estero diminuiscono dunque di numero, e in genere sono quelli più grandi, con problemi di salute, o i gruppi di fratelli. Ma per Marco Griffini non è questo l’ostacolo principale: “I bambini abbandonati nel mondo sono ancora molti: in Africa, per esempio, i numeri sono altissimi. Il vero problema è che gli italiani sono scoraggiati: si è diffuso un clima culturale ostile alle adozioni internazionali, dato anche dall’atteggiamento negativo degli operatori. Le coppie sono spaventate, perché durante il percorso adottivo si sentono sezionate, traumatizzate”.
Per Melita Cavallo, invece, il calo delle adozioni è soprattutto un effetto della crisi economica: “Ho incontrato coppie che rinunciavano persino all’adozione nazionale, che è gratuita, perché uno dei due aveva perso il lavoro. Influisce poi il fatto che i bambini da adottare all’estero sono sempre più grandi e malati, e spesso le coppie lo realizzano quando l’iter è già avanzato. Eppure io sono convinta che, in quest’ambito, la quantità non sia un indicatore fondamentale: concludere tante adozioni internazionali significa poco, se queste non sono di qualità, cioè funzionali alla crescita di un bambino e ai rapporti internazionali dell’Italia”.

PROCEDURA DA SEMPLIFICARE
I tempi d’attesa raggiungono i tre anni, dal momento in cui si deposita la domanda di idoneità in Tribunale. Per snellire l’iter, Ai.Bi. propone una terapia d’urto: abolire il passaggio presso i Tribunali per i minorenni. “Nel mondo, siamo rimasti solo noi e il Belgio a prevedere che il primo approccio, per un’aspirante coppia adottiva, avvenga di fronte a un Tribunale” dice Griffini. “Basterebbero i servizi sociali, o un lavoro congiunto fra questi e gli enti autorizzati o, ancora, un passaggio solo presso gli enti autorizzati, come avviene in Svezia. I tempi si accorcerebbero di un anno”.
Per Melita Cavallo, al contrario, l’anello debole è rappresentato proprio dai servizi sociali, ai quali spetta il compito di valutare l’idoneità della coppia e riferire al Tribunale: “Nella maggior parte delle regioni, i servizi non sono qualitativamente e quantitativamente adeguati: così, invece di impiegare 2-3 mesi per la valutazione della coppia, ce ne mettono dai 6 agli 8. Delegare loro le adozioni internazionali è impensabile, al momento. Inoltre ricordiamo che solo l’Italia ha un tribunale specializzato per i minorenni: negli altri Paesi il tribunale non si occupa di adozioni semplicemente perché è un tribunale ordinario”.

ABBATTERE I COSTI
Mentre l’adozione nazionale è gratuita, accogliere un bambino dall’estero può costare oltre ventimila euro. E se contro le tariffe stabilite dai Paesi stranieri si può fare poco, esiste invece una via per abbattere i costi dell’iter in Italia? “Studiare un sistema di convenzioni con Regioni e Asl, per esempio” suggerisce Griffini, “ma prima bisogna ridurre gli enti autorizzati dagli attuali 66 a una ventina. E la coppia dovrebbe pagare in base al reddito, fino alla gratuità per i meno abbienti. Dal 2014 Ai.Bi. applicherà un “quoziente adottivo familiare”, che terrà conto del reddito e dei carichi familiari”. Melita Cavallo concorda sul principio di gratuità, e per ridurre i costi anche all’estero propone di studiare dei protocolli con le compagnie aeree e di affidare le traduzioni dei documenti alle nostre ambasciate all’estero.

INCORAGGIARE LE “ACCOGLIENZE INNOVATIVE”
Il volto dell’abbandono minorile nel mondo cambia, e così cambiano i bisogni. Per questo il comitato di esperti dovrà anche definire nuove forme di accoglienza per i bambini stranieri. L’affidamento internazionale, per esempio: se ne parla dal terremoto ad Haiti del 2010, quando alcune associazioni chiesero di affidare temporaneamente i bambini haitiani a famiglie italiane, fino al termine dell’emergenza. Ma ci voleva una normativa, e i due progetti di legge giacciono tuttora in Parlamento.
Un’altra questione sospesa è la kafala, un istituto giuridico dei Paesi di legge coranica per cui gli orfani non possono formalmente essere adottati all’estero, ma solo affidati “sine die”: la sostanza non cambia ma, anche per questo, ci vuole una legge, e l’Italia non ha ancora ratificato la convenzione in materia. Significa che da certi Stati, come il Marocco per esempio, le nostre coppie non possono accogliere bambini abbandonati. Infine, il comitato studierà come regolarizzare il cosiddetto “soggiorno a scopo adottivo”, che per i bambini più grandi è un’opportunità di trovare famiglia: “Passano le vacanze da una coppia italiana che ha già l’idoneità all’adozione, ma desidera un periodo di riflessione prima di accogliere un bimbo di 10-12 anni” spiega Griffini. “Francia e Stati Uniti lo stanno sperimentando con la Colombia, e finora il 75% di questi ragazzini è stato adottato”.
Melita Cavallo, quando era presidente della Commissione Adozioni, ci aveva provato anche in Italia: “Era un esperimento con l’Ungheria, e molte di quelle vacanze si erano poi trasformate in adozioni felici. Io credo molto nel soggiorno a scopo adottivo”.

RILANCIARE LE ADOZIONI NAZIONALI

“Il Tribunale per i minorenni di Roma cerca coppie che adottino ragazzini dai 10 ai 14 anni: loro vogliono fortemente una famiglia, e io impazzisco perché non trovo nessuno che li accolga” è l’appello di Melita Cavallo. “Bisogna rilanciare le adozioni nazionali: le coppie hanno ancora paura che, adottando un bambino italiano, prima o poi incontreranno per strada i suoi genitori biologici. E’ ora di superare timori e pregiudizi, perché anche in Italia ci sono tanti bambini abbandonati. Alle coppie che invece sono convinte di adottare all’estero, ma temono per la lunga procedura, io consiglierei: colmate l’attesa documentandovi su quel Paese, incontrate altre coppie, partecipate agli incontri organizzati dagli enti. Cercate di colmare questo vuoto, come una madre o un padre in attesa di un figlio che tarda ad arrivare”.

da Io donna, 26 settembre 2013

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