QUESTE NON SONO SOLO SAPONETTE


Hanno dai cinque anni in su. Sono venduti dai genitori per l’equivalente di 40, 60 euro, oppure affidati a parenti che promettono di farli studiare e invece sono intermediari delle mafie che li trascinano in Nigeria, Gabon, Costa d’Avorio, per sfruttarli come domestici, manovali nelle cave, venditori nei mercati.
Tutto questo accade in Benin, il piccolo Stato affacciato sul Golfo di Guinea che negli anni si è trasformato in una piattaforma della tratta di bambini in Africa Occidentale: oltre 40mila giovani vittime ogni anno, all’80 per cento trafficate nei Paesi confinanti e all’86 per cento femmine.


A Cotonou, la capitale economica del Benin, la salesiana suor Maria Antonietta Marchese ha costruito una piccola cattedrale di solidarietà per queste ragazze ferite: setaccia il gigantesco mercato di Dantokpa in cerca di bambine-schiave, le sottrae agli sfruttatori, le manda a scuola e insegna un mestiere alle più grandi. Nei laboratori della sua Maison de l’Espérance, le reduci della tratta imparano a cucire, a cucinare, a confezionare saponette e prodotti di bellezza che le riconciliano con la loro dignità.
Gli shampoo-doccia e le creme per il corpo al mandarino verde bio, insieme alle saponette al karité e a quelle per il bucato, sono arrivate anche nelle erboristerie italiane e domenica 30 marzo si potranno trovare alla fiera milanese del consumo critico Fa’ la cosa giusta.
Alle 15, in piazza Editoria, i volontari di suor Maria Antonietta racconteranno, oltre alle storie delle ragazze che hanno ripreso in mano le proprie vite, i risultati dei loro progetti imprenditoriali. “La linea di cosmesi biologica Naturaequa importa da tempo le saponette della missione salesiana in Benin” spiega Federico Re, tra i coordinatori della campagna di raccolta fondi “ma da novembre a oggi, abbiamo coinvolto oltre 70 gruppi di volontari che si sono attivati in tutta Italia, dal Friuli fino alla Sicilia, per vendere i cosmetici della Maison de l’Espérance nelle piazze o ai gruppi di acquisto solidale. La sorprendente cifra raccolta, che annunceremo domenica, finanzierà un corso professionale di saponeria per altre venti ragazze a Cotonou”.


Quelle come Bernadette, affidata dai genitori a una zia che l’ha portata illegalmente in Nigeria per renderla schiava nel suo negozio di bibite e le ha persino cambiato nome, per strapparle l’identità e renderla più docile. Finché la bimba è fuggita, riuscendo a tornare in Benin e incontrando suor Maria Antonietta Marchese. “Non è solo la povertà, la radice della compra-vendita di bambini” spiega la religiosa che, dopo una vita da insegnante in Piemonte, se n’è costruita un’altra da missionaria fra le bambine schiave di Cotonou. “È una tradizione degenerata che si chiama vidomegòn: in lingua fon significa affidare i figli ad altre famiglie per farli studiare. Ma spesso l’affidamento si trasforma in sfruttamento, e coinvolge ogni strato sociale in Benin”.

Il video di Claudia Amico sulla Maison de l'Espérance:



Il 22 aprile, da Casale Monferrato partirà un container di aiuti umanitari per la missione salesiana Cotonou. Per contribuire, contattare l'associazione Vides Bega Kwa Bega: tel. 0142/452412, email giormest@email.it

Da Io donna, 27 marzo 2014

L'articolo, come TUTTI i contenuti di questo sito, è di esclusiva proprietà dell'autrice. Ne è quindi vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo, senza chiedere preventivamente l'autorizzazione a Emanuela Zuccalà. E' invece benvenuta la citazione su altri siti e social network, purché contenga il link a questo sito.

Commenti

Post più popolari