I BAMBINI PALESTINESI RIPULISCONO GERUSALEMME EST

  1. Due bambine palestinesi che partecipano alla campagna “Cleaner and Healthier Jerusalem”.
Diari palestinesi/3
Un concerto caotico e gioioso, al ritmo di percussioni improvvisate con scope variopinte, ramazze, palette e bidoni di plastica, mentre tre giovani acrobati si esibiscono in frenetiche giravolte ammaliando anche i pellegrini diretti nel cuore della città vecchia.
Lo spettacolo vanta una scenografia d’eccezione, la monumentale Porta di Damasco a Gerusalemme Est, che a nord dà il benvenuto verso i luoghi sacri alle tre grandi religioni monoteiste: il Santo Sepolcro, il Muro del Pianto, la Spianata delle Moschee. A prendersi la scena, in un pomeriggio di sole, sono i ragazzi palestinesi di 15 scuole della città, che durante la mattinata si sono rimboccati le maniche per lustrare le vie dei loro quartieri, Salah al Din e Al Zahra, inoltrandosi fino ai piedi della cupola dorata della moschea di Al Aqsa.

Yasmine, 29 anni, animatrice della campagna di Oxfam “Cleaner and Healthier Jerusalem”.
“Siamo in centinaia”, esulta Yasmine, 29 anni, che ha guidato il giovane e pacifico esercito armato solo di scope e bidoni. Questa biondissima ragazza palestinese è fra gli animatori di una campagna di Oxfam, finanziata dall’Unione Europea e promossa da varie associazioni locali, che s’intitola Cleaner and Healthier Jerusalem (Gerusalemme più pulita e salubre): un tentativo di liberare dall’immondizia i quartieri arabi della parte Est, diffondendo una maggiore sensibilità ecologica tra i suoi abitanti, ma soprattutto una protesta contro l’amministrazione comunale israeliana per l’incuria riservata ai palestinesi residenti a Gerusalemme. 

La monumentale Porta di Damasco a Gerusalemme, che da nord immette nel cuore della città vecchia verso i luoghi sacri alle tre grandi religioni monoteiste.
“Rappresentiamo il 39 per cento della popolazione della città” spiega Yasmine, “eppure il comune investe solo il 10 per cento del suo budget nelle nostre zone. Così le strade restano piene di buche, mancano i servizi di base e la spazzatura viene ritirata raramente, con conseguenze gravi per la nostra salute”. Nei quartieri arabi sono frequenti gli incendi appiccati ai sacchi dell’immondizia, creando condizioni igieniche precarie e un degrado, anche visivo, che finisce per esasperare gli animi già depressi dalla situazione politica.

Gli studenti palestinesi di 15 scuole di Gerusalemme improvvisano un concerto con scope, palette e bidoni dopo aver pulito i quartieri arabi della città.

Con i suoi 780 mila abitanti, in maggioranza israeliani, Gerusalemme ha lo status più controverso fra i luoghi di questa terra in perpetuo conflitto. Occupata da Israele nel 1967, capitale de facto dello Stato ebraico, per i palestinesi Al Quds “la santa” è invece la futura capitale dello Stato palestinese che, nella loro invincibile speranza, un giorno nascerà accanto a quello israeliano. Per la maggior parte dei membri dell’Onu, l’identità politica di Gerusalemme dovrà essere definita dagli accordi tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese: l’annessione a Israele di Gerusalemme Est non è dunque riconosciuta, tanto che quasi tutte le ambasciate estere si trovano a Tel Aviv.

Giovani acrobati davanti alla Porta di Damasco.

A complicare ulteriormente il quadro, l’inarrestabile fioritura di colonie israeliane fra la parte est della città e la Cisgiordania: interi quartieri, alcuni - come Pisgat Ze’ev con i suoi 50 mila residenti - entrati a pieno titolo nella topografia urbana, che isolano Gerusalemme dal resto dei territori palestinesi. E gli arabi presenti in città rappresentano la fascia più debole della sua popolazione: “Dal 1967, il governo israeliano ha demolito oltre duemila case palestinesi a Gerusalemme Est ed espropriato il 35 per cento delle terre per destinarle alle colonie, sgomberando con la forza migliaia di persone” spiega la project manager Abeer Al Saheb dell’agenzia Onu UnHabitat, che insieme al Patriarcato latino sta restaurando alcuni edifici della città vecchia per dare una casa ai palestinesi più bisognosi.

Veduta da un tetto, con la cupola dorata della moschea di Al Aqsa, il secondo luogo sacro per i musulmani dopo la Mecca.

Si stima che manchino 10 mila abitazioni e ogni anno, in media, 90 case vengono demolite. Metà della popolazione urbana palestinese, circa 160 mila persone, non ha una connessione legale alla rete idrica, e oltre il 65 per cento delle famiglie vive sotto la soglia di povertà”.

Un vicolo dentro le mura della città vecchia.
“Lo stato di abbandono in cui viviamo ci preclude un senso di appartenenza alla nostra città” aggiunge Yasmine di Oxfam, mentre le percussioni continuano a risuonare davanti alla Porta di Damasco. Una forma di alienazione “che notiamo soprattutto nei bambini” aggiunge la giovane. “Ecco perché lavoriamo nelle scuole: i più piccoli devono imparare ad amare la loro città, rispettandola anche dal punto di vista ambientale. Per sentirla finalmente loro”.

Il checkpoint di Kalandia, che separa Gerusalemme da Ramallah in Cisgiordania, sede dell’Autorità Nazionale Palestinese.


Diari palestinesi è un progetto in collaborazione con l'Unione Europea, pubblicato da Io donna (Corriere della Sera).
Le sei puntate:
1. Nella valle del Giordano
2. Il sale della dignità
3. I bambini palestinesi ripuliscono Gerusalemme Est
4. Betlemme, le donne di Aida Camp
5. La gita a Nablus e il concetto di resilienza
6. Gerusalemme ed Hebron, i tour dell'occupazione (coming soon)

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