I giorni vuoti della “generazione Neet”
Non sono impegnati nello studio e neppure nella ricerca di un lavoro. In Italia sono 2,5 milioni di ragazzi tra i 15 e i 29 anni: il triplo che in Germania.
Anna, 24 anni, di Palermo, s’è laureata in servizio sociale ma
durante il tirocinio non ha fatto che fotocopie. Oggi è disoccupata, ammazza il
tempo dando ripetizioni ai figli dei vicini, e ammette di aver disciolto i suoi
sogni d’indipendenza nell’unico progetto che le appaia perseguibile: mettere su
famiglia in fretta. Giovanni invece, 21enne di Torino, ha perso il posto da
elettricista e cerca un impiego qualsiasi poiché - confida - non ha chiaro cosa
voglia fare da grande, e per fortuna che la fidanzata lo mantiene. Ma c’è anche
chi vanta un master a pieni voti e ora gioca a tennis tutto il giorno, così
come il ragazzo di periferia finito a spacciare droga rimuginando su un domani
a forma di punto interrogativo.
La galassia è variegata; l’etichetta, una sola: Neet, li chiamano,
i ragazzi che non studiano più, non lavorano ancora e non seguono corsi
professionali (Not in Education, Employment or Training). Non compongono una fetta trascurabile di gioventù italiana, al
contrario: sono il 26 per cento dei 15-29enni, 2 milioni e mezzo di individui
che, quando non languono sul divano o sulla panchina in piazza, mandano curricula con una foga infruttuosa oppure collezionano colloqui di lavoro
fallimentari che alimentano confusione e smarrimento. Una ricerca di WeWorld,
che sarà presentata martedì 6 ottobre a Roma allo Spazio Europa della
Commissione e del Parlamento Ue, per la prima volta li indaga su scala
nazionale incrociando i dati più recenti, un sondaggio Ipsos e 42 interviste
approfondite in 7 città, da Pordenone a Palermo.
Leggendo in anteprima i risultati dello studio - realizzato con la
cooperativa “La grande casa” e la rivista Animazione Sociale - scopriamo che la massa dei Neet è lievitata rispetto al 19 per
cento del 2008, in seguito alla crisi economica che ha assottigliato le
opportunità. E che l’attuale 26 per cento sfora di troppo la media europea del
15: solo la Grecia fa peggio di noi, con il 28 per cento, mentre la Germania è
all’8 e la Francia al 13. Tra le regioni italiane, dal 13 per cento del
Trentino Alto Adige si precipita al 39,7 della Sicilia, passando per il 18,8
della media del Nord, dal 21,7 del Centro fino al 35,5 del Sud. Ed è minimo lo scarto fra donne e uomini,
rispettivamente il 52 e il 48 per cento. Traducendo il tutto in stime macroeconomiche,
l’esercito dei giovani disillusi potrebbe incrinare il Pil addirittura
di 6,8 punti percentuali.
“Il fenomeno è aumentato anche per la dispersione scolastica”
spiega Stefano Piziali di WeWorld, curatore della ricerca con Alessandro Volpi.
“Circa un quarto dei Neet ha abbandonato precocemente gli studi”. Il resto lo
fa un mercato del lavoro contraddittorio, che pretende flessibilità e intanto
resta rigido nelle possibilità di carriera, innescando nei giovani un
corto-circuito psicologico. I Neet abitano infatti due grandi aree: la prima è
quella della marginalità pura, tra bocciature in serie, turbolenze a casa,
ambienti poveri di stimoli, tentazioni d’illegalità. Un polo direttamente
opposto alla “meglio gioventù” di successo, quella con studi brillanti,
famiglie incoraggianti e saldi retroterra economici. E poi c’è una zona grigia
dove balugina la frustrazione più ovattata dei “ragazzi sulla soglia”, li
definisce lo studio, che attendono d’intuire come si snoderà il futuro. “Non
tutti sono rinunciatari” sottolinea Piziali. “C’è chi semplicemente non riesce
a sintonizzarsi con le richieste del mondo esterno: manda il curriculum nei posti sbagliati, sostiene colloqui per cui non è qualificato,
e alla fine si sente paralizzato dall’incapacità di sperimentare. Rassegnandosi
a svanire dalla vita sociale, come un fantasma”. Non a caso, la ricerca di
WeWorld s’intitola Ghost. E mette
in luce un aspetto forse più sorprendente: i Neet non interagiscono nemmeno sui
social
network, “su Facebook sono passivi”
chiarisce Piziali “accentuando l’isolamento”.
La
psicologa Laura Gambino, che ha condotto le interviste a Palermo, racconta di
una giovane laureata che pareva impaurita persino dall’uscire di casa. “Sentono
la mancanza di un life coach, qualcuno
che li orienti nelle scelte” prosegue Gambino. “E hanno famiglie iperprotettive
che si aspettano dal figlio una replica delle loro vite: i genitori benestanti
e istruiti gli impediscono di adattarsi a impieghi qualsiasi; quelli dei
quartieri a rischio lo spingono a sposarsi presto e a non allontanarsi. Questi
giovani sembrano vivere in un eterno presente, con un fatalismo che inibisce
l’iniziativa”. Dal capo opposto dell’Italia, a Torino, lo scenario cambia poco:
“Qualcuno si butta nello sport o nel volontariato per mantenersi a galla”
riferisce l’operatrice sociale Francesca Maurizio, “altri si chiudono in una
routine fatta di niente che rischia di diventare cronica, camuffata dalla frase
“oggi ho mandato 100 curricula”, ma senza
criterio né progettualità”.
Come
iniettare fiducia in questa generazione prematuramente stanca, che secondo il
sondaggio Ipsos non vede luci in fondo al tunnel? “Le istituzioni fanno poco”
sostiene Stefano Piziali. “L’anno prossimo avremo i risultati del programma
europeo Garanzia
Giovani, che ha investito un miliardo e
mezzo di euro. Intanto, fra le regioni, solo Toscana e Liguria prevedono bandi
specifici”. Alla presentazione della ricerca, il 6 ottobre, parteciperanno
rappresentanti dei ministeri del Lavoro e dell’Università: per capire, dati
alla mano, come creare ponti tra scuola, formazione e mondo del lavoro.
I NUMERI DELLA SFIDUCIA
GIOVANILE
•
26% La percentuale di giovani italiani da 15 a
29 anni che non studiano, non lavorano e non seguono corsi professionali
•
19,15% I Neet nel 2008. Già nel 2011 erano
saliti al 21%
•
15% La media europea dei Neet
•
39,7% La percentuale dei Neet
in Sicilia, la regione italiana con la presenza più alta
•
13,3% I Neet in Trentino Alto Adige, la
percentuale più bassa
•
40% I Neet che hanno abbandonato la scuola
prima del diploma
•
15 miliardi di euro. Il mancato gettito fiscale
dovuto al fenomeno Neet
•
46% I giovani che pensano di avere scarse o
quasi nulle possibilità di trovare lavoro
•
49% Quelli convinti che non avranno nessuna
opportunità nei prossimi 3 anni
da Io donna, 3 ottobre 2015
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